Alopecia Areata – Un’Ipotesi
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Alopecia Areata – Un’Ipotesi

L’alopecia Areata.
“un’ipotesi”
Roberto d’Ovidio
Associazione Mediterranea
Alopecia Areata
Bari
 

Gli studi più recenti sulle cause e sui meccanismi che portano all’Alopecia Areata concordano sulla presenza negli ammalati di un patrimonio genetico che predispone alla malattia. Successivamente un virus (forse appartenente alla famiglia degli herpes), penetrando nell’organismo e modificando alcune proteine cellulari simili a quelli del follicolo pilifero (Cheratina? Melanina?), provocherebbe l’attivazione del sistema immunitario dell’ospite contro un bersaglio “innocente” come i peli, le unghie etc, rientrando così nel campo delle malattie autoimmunitarie quali il diabete giovanile, l’anemia perniciosa, le tiroiditi croniche, che probabilmente non a caso si associano spesso alla Alopecia. Il pelo viene aggredito si superficializza e viene espulso, mentre il follicolo pilifero, invece di produrre un nuovo pelo, si rifugia in uno stato di “letargo” che può durare mesi od anni ma è quasi sempre reversibile anche spontaneamente.
Le terapie attualmente adoperate sono empiriche e non molto selettive. Nelle forme con poche chiazze probabilmente qualsiasi stimolo irritante potrebbe accelerare la risoluzione del problema (come gli impacchi caldi o ittiolo accelerano la guarigione di un ascesso). Nelle forme più serie le terapie più efficaci (immunosoppressori), terapia sensibilizzante con difenciprone o acido squarico, raggi ultravioletti con sostanze (fotosensibilizzanti) tentano di modificare la risposta immunitaria sbagliata o sopprimendola aspecificamente o dirottandola su altri bersagli. Si Stanno studiando terapie più selettive con l’utilizzo anche di prodotti purificati delle cellule immunitarie (interleuchine) o dei loro antagonisti. Terapie sicuramente costose e che sarebbero limitate a pochi fortunati. Sicuramente più interessante è l’ipotesi di un vaccino: sia contro l’ipotetico virus causale, sia di un vaccino che induca tolleranza nei confronti delle proteine bersaglio dell’autoimmunità, come quelli in uso per le allergie o come attualmente in fase di sprimentazione per la Sclerosi Multipla, altra più seria malattia di cui sembra accertata l’origine autoimmunitaria.

 


alopecia areata
 

Ringraziamo il dr. Roberto d’Ovidio per averci permesso di trarre questo suo articolo dal Bollettino della Associazione Mediterranea Alopecia Areata; 1: 4, del mese di settembre 1996.

Note di commento:
1) è molto interessante l’ipotesi che un virus possa slatentizzare “bersagli antigenici proteici” del follicolo pilifero provocando l’attivazione dell’immunità umorale e cellulo-mediata e che così porti alla Alopecia Areata,
2) assai interessante è l’ipotesi di poter creare una immunotolleranza, un “vaccino” nei confronti delle proteine bersaglio dell’autoimmunità, come quelli in uso per le pollinosi.
Facciamo comunque notare che un problema che a noi è tuttora completamente oscuro è quale sia, a livello follicolare, la cellula target della malattia.
Alcuni autori ritengono che il danno colpisca primitivamente i cheratinociti della matrice che danno origine alla corteccia del pelo (Messenger A.G.).
Altri autori ritengono possibile un ruolo dei melanociti. I melanociti sono presenti a livello della matrice del pelo solo durante la fase anagen, scompaiono quando il follicolo entra in catagen, rimangono assenti durante tutto il telogen e diventano nuovamente evidenti solo alla ripresa dell’attività follicolare in coincidenza con l’anagen 4°. E’ suggestiva la notevole frequenza di tiroiditi in corso di alopecia areata ed è affascinante la considerazione che la tirosina è il precursore metabolico della tiroxina come della melanina. E’ anche ipotizzabile un “dialogo” paracrino fra cheratinociti e melanociti, la cui funzionalità verrebbe vicendevolmente attivata. Tutto questo aiuta anche a capire perché i peli ricrescono bianchi all’inizio della fare di risoluzione di una alopecia areata (Messenger A.G.).
Alcuni autori ritengono che le cellule endoteliali del plesso vascolare della papilla possano essere primitivamente colpite dal processo autoimmune (Nickoloff B.J.) che determina la malattia con passaggio dei leucociti mononucleati dai vasi agli spazi perivasali.
L’ipotesi che l’alopecia areata sia una condizione che colpisce primitivamente la i fibroblasti della papilla dermica è invece suggerita dal riscontro di alterazioni nei proteoglicani della matrice extracellulare della papilla stessa nei follicoli colpiti (Mc Donagh A.J.G.).

Il ruolo poi svolto dai fattori emotivi e caratteriali è ancora discusso ma è indubbio che quasi tutti i pazienti, affetti da Alopecia Areata, presentano tratti nevrotici e talvolta psicotici di gravità variabile. La nostra esperienza ci fa affermare che questi pazienti hanno costantemente disturbi del sonno e comunque dormono molto poco o male, anche se talvolta sono restii ad ammetterlo.

Tutti questi pazienti dimostrano poi sempre danni da acido lattico (lattato di ammonio?) e/o da squalene (epossido o perossido di squalene?) a livello della guaina epiteliale interna facilmente osservabili al microscopio in luce polarizzata.

 

 

Possiamo ritenere, quindi, che anche stimoli “aggressivi” non virali come il formarsi di “rifiuti metabolici”, quali l’acido lattico e lo squalene perossidato, a livello della guaina epiteliale interna siano di per sé in grado di “slatentizzare” o “smascherare” proteine a capacità antigenica e capaci di “mettere in moto la macchina autoimmunitaria”.
E’ possibile quindi pensare che l’eziopatogenesi della Alopecia Areata sia “complessa” e dovuta a più fattori scatenanti e che forse si dovrà parlare, in futuro, di Alopecie Areate!
Tutto questo renderebbe anche ragione del perché, talvolta, forme apparentemente “minori” si dimostrano durature nel tempo e resistenti alla terapia mentre forme apparentemente “maggiori” rispondono a trattamenti terapeutici semplici e con piena soddisfazione.
Andrea Marliani

 

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