Gli Estrogeni in Tricologia
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Gli Estrogeni in Tricologia

Gli Estrogeni in Tricologia
Dott. Andrea Marliani
Firenze
 

 

 

Come il testosterone dereprime il gene della calvizie gli estrogeni lo reprimono.
Benché siano stati identificati nelle urine di donne gravide oltre 30 steroidi ad attività estrogenica, ed almeno 10 siano presenti nelle urine di donne in età fertile al di fuori della gravidanza, nella pratica clinica hanno importanza solo i tre classici estrogeni: estrone (E1), estradiolo (E2), estriolo (E3).
L’estradiolo si trova in equilibrio nel plasma con l’estrone ed i due steroidi sono tra loro interconvertibili; l’estrone può convertirsi in estradiolo irreversibilmente. Nella donna in età fertile oltre il 90% degli estrogeni ovarici sono secreti come estradiolo che è anche lo steroide più attivo del gruppo.
A livello del follicolo del capello l’estrone (ma non l’estradiolo) attiva l’adenilciclasi delle cellule della matrice e del bulge.
I follicoli in telogen, fin dall’inizio del catagen, trasformano androstenedione ed estradiolo in estrone che attiva la produzione di HrGF dei cheratinociti staminali del bulge e così le loro mitosi fino dare il via ad una nuova fase anagen, poi tramite l’aumento delle concentrazioni intracellulari di cAMP modula la fornitura dell’energia necessaria per la sintesi della cheratina.
Inoltre gli estrogeni circolanti diminuiscono la quota libera e attiva di testosterone nel plasma, favorendo la produzione epatica di Sex Hormone Binding Globulin (SHBG).
I follicoli in anagen producono invece diidrotestosterone da testosterone, con inibizione della adenilciclasi e calo dei livelli di cAMP fino al telogen fisiologico.
Un primo tentativo terapeutico del defluvio in telogen androgenetico, riservato sesso femminile, potrà quindi basarsi sull’uso di estrogeni per via generale. L’etinilestradiolo viene somministrato di norma dal 5° al 21° giorno del ciclo a dosaggi variabili da O,01 a O,1 mg pro die. Gli estrogeni coniugati vengono somministrati a dosi variabili da 0,625 a 2,50 mg pro die.
Notiamo che questi dosaggi (specie se si considera che l’effetto biologico dell’etinilestradiolo è almeno 10 volte superiore a quello dell’estradiolo naturale) sono alti se paragonati alla quantità fisiologica di estrogeni secreta giornalmente dall’ovaio che varia, nei diversi momenti del ciclo, da 0,15 mg a 0,5 mg die (estradiolo: 0,08-0,25; estrone: 0,11-0,24). Questi dosaggi soprafisiologici possono, specie se non compensati da una somministrazione adeguata di un progestinico, dar luogo ad effetti secondari: metrorragie, melasma del viso, candidosi vaginale, disturbi vascolari etc. La terapia con estrogeni, nella donna che non abbia subito isterectomia, verrà quindi consigliata solo in associazione con progestativi, con netta riduzione degli effetti secondari.
La terapia topica con estrogeni, un tempo proscritta, merita una riconsiderazione e una revisione.
Gli estrogeni sono dotati di un buon assorbimento transcutaneo, valutabile nel 10-14% in condizione ideale e con medicazione occlusa, l’uso topico del 17 beta estradiolo ha dimostrato un effetto sistemico evidente. Pur con questa limitazione il suo utilizzo nel defluvio androgenetico e nella terapia sostitutiva postmenopausale della donna, tenuto conto delle controindicazioni generali all’uso di estrogeni, appare razionale e scevro da effetti indesiderati.
Se poi consideriamo che lo steroide più attivo, in senso tricologico, è il debole estrone, usandone per applicazioni topiche un ml di una soluzione allo 0,02%, cioè 0,2 mg di ormone, anche ammettendo un assorbimento del 10% (del tutto teorico), si potrà valutare la dose massima assorbibile intorno a 0,02 mg. e poiché la attività biologica dell’estrone è circa 1/20 di quella dell’estradiolo si comprende bene come anche un suo possibile assorbimento (pari come attività biologica ad una dose di 0,001 mg di estradiolo) può essere accettato come del tutto sicuro.
L’estrogeno ideale in senso tricologico potrebbe poi essere identificato nell’estrone solfato; questo è certamente utilizzabile dal follicolo pilifero, che è corredato di solfatasi ed in grado di trasformarlo in estrone, ma è completamente inattivo se assorbito come tale dal circolo sistemico. Facciamo inoltre notare che l’estrone solfato è lo steroide di gran lunga più rappresentato nel plasma umano maschile e femminile con dosi intorno ai 200-450 ng/ml, contro i 5-10 ng/ml del testosterone nel maschio normale.
La attuale difficile reperibilità dell’estrone solfato ci fa utilizzare gli estrogeni coniugati equini, composti da estrone solfato per l’48%, da equilina solfato per il 26%, da 17 alfa diidroequilina solfato per il 15% e poi da piccole quantità di 17 alfa estradiolo, equilenina, e 17 alfa diidroequilenina, tutti sotto forma di sali sodici e loro esteri solforici. Si sappia che l’emivita plasmatica dell’equilina è molto lunga, tanto che dopo somministrazione parenterale se ne possono reperire in circolo quantità apprezzabili anche dopo tre mesi.
Presupposto teorico della terapia è che l’alopecia androgenetica sia dovuta a scarsa impregnazione estrogenica dei follicoli del cuoio capelluto. Per la terapia si usa una soluzione idro-alcolica (etanolo 50°) di estrogeni coniugati allo 0,01-0,02% applicata sulla parte alta del cuoio capelluto una volta al giorno o a giorni alterni o anche solo due volte alla settimana, nella quantità di 1-2 ml (= 0,1-0,4 mg di principio attivo). I risultati sono apprezzabili in ambedue i sessi (vedi Marliani A : “La terapia medica della calvizie comune”).
Degno di nota il fatto che mai abbiamo avuto segnalazioni di effetti collaterali dovuti ad azione generale degli estrogeni coniugati, questo perché la soluzione impiegata contiene principalmente estrone solfato, steroide biologicamente inattivo ed estrogeni comunque solfatati ed utilizzabili solo da tessuti muniti di solfatasi e quindi in grado di desolfatarli, come appunto il follicolo pilifero e/o l’intestino (dove la desolfatazione, che è opera della flora batterica, ne rende possibile la somministrazione orale).

 

 

 

 

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