La Scienza è Imparziale
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La Scienza è Imparziale

Ma gli scienziati hanno i loro miti.
Verità inattaccabili. Pregiudizi.
Teorie dimostrate “oltre ogni dubbio”.
prof Guido Vito Trotter
Firenze
 

 

94. Ma la mia immagine del mondo non ce l’ho perché ho convinto me stesso della sua correttezza, e neanche perché sono convinto della sua correttezza. E’ lo sfondo che mi è stato tramandato, sul quale distinguo tra vero e falso.
95. Le proposizioni, che descrivono quest’immagine del mondo, potrebbero appartenere a una specie mitologica. E la loro funzione è simile alla funzione delle regole del giuoco, e il giuoco si può imparare anche in modo puramente pratico, senza bisogno d’imparare regole esplicite. [regole oggettivate, n.d.r].
96. Ci si potrebbe immaginare che certe proposizioni che hanno forma di proposizioni empiriche vengano irrigidite e funzionino come una rotaia per le proposizioni empiriche non rigide, fluide; e che questo rapporto cambi col tempo, in quanto le proposizioni fluide si solidificano e le proposizioni rigide diventano fluide.
97.La mitologia [Le certezze consolidate, n.d.r.] può di nuovo tramutarsi in corrente, l’alveo del fiume dei pensieri può spostarsi. Ma io faccio una distinzione tra il movimento dell’acqua nell’alveo del fiume, e lo spostamento di quest’ultimo; anche se, tra le due cose, una distinzione netta non c’è.
105. Tutti i controlli, tutte le conferme e le confutazioni di un’assunzione, hanno luogo già all’interno di un sistema. [Il sistema delle certezze deve quindi preesistere a ogni conferma o confutazione, senza essere esso stesso suscettibile di essere sottoposto all’una o all’altra, n.d.r.]. E precisamente, questo sistema non è un punto di partenza più o meno arbitrario, e più o meno dubbio di tutte le nostre argomentazioni, ma appartiene all’essenza di quello che noi chiamiamo argomentazione. Il sistema non è tanto il punto di partenza, quanto piuttosto l’elemento vitale dell’argomentazione.
159. Da bambini impariamo certi fatti, per esempio che ogni uomo ha un cervello, e li accettiamo fiduciosamente. Io credo che esista un’isola, l’Australia, che ha questa determinata configurazione così e così, e via dicendo; io credo di aver avuto dei bisnonni, e che le persone che si facevano passare per miei genitori fossero davvero i miei genitori ecc. Può darsi che questa credenza non sia mai stata espressa, e addirittura il pensiero, che le cose stanno davvero così, non sia neppure mai stato pensato.
160. Il bambino impara, perché crede agli adulti. Il dubbio vien dopo la credenza.
162. In generale quello che trovo (per esempio) nei manuali di geografia, lo ritengo vero. Perché? Dico: Tutti questi fatti sono stati confermati centinaia di volte. Ma come faccio a saperlo? Quali prove ne ho? Ho un’immagine del mondo. E’ vera o è falsa? Prima di tutto, è il substrato di tutto il mio cercare e di tutto il mio asserire. Le proposizioni che la descrivono non sono tutte egualmente sottoposte a controllo.
163. C’è mai qualcuno che controlli se questo tavolo continua a rimanere qui quando nessuno gli bada? Controlliamo la storia di Napoleone, ma non controlliamo se tutto quello che si è detto di lui riposi su un’illusione dei sensi, su falsificazioni, o su cose del genere. Infatti, quando mai controlliamo qualcosa, facendolo presupponiamo già qualcosa, che non si controlla. Ora devo forse dire che l’esperimento che faccio, poniamo, per controllare una proposizione, presuppone la verità della proposizione che qui c’è effettivamente l’apparato che credo di vedere (e via enumerando)?
164. Il controllare non ha un termine?
Ludwig Wittgenstein (1889-1951), “Della certezza” pp.19 ­ 20 ­ 29, Einaudi 1978.

 

 In queste mirabili considerazioni, scritte nel secondo dopoguerra, Wittgenstein si interroga sul come gli uomini fabbricano le proprie certezze, osservando acutamente che la mitologia è l’insieme delle certezze consolidate: ogni società ha la propria mitologia, cioè quell’insieme di certezze che non mette in discussione, non perché non sia tecnicamente possibile, ma perché non è umanamente possibile, in quanto, se si mette in discussione tutto non si inizia mai un qualche percorso di conoscenza.

Da queste considerazioni ne deriva che, mentre si dovrebbe partire dai dati di fatto per arrivare alle teorie, spesso si parte dalle teorie per negare i dati di fatto.
La gente crede che gli scienziati siano sempre alla ricerca di nuove scoperte e nuove teorie. Ma è falso, perché essi sono profondamente conservatori. Hanno troppi dogmi da rispettare. Verità inattaccabili. Fatti “dimostrati per sempre”. E prima di rinunciarvi “l’ortodossia scientifica” usa tutte le sue armi.

 

“Esiste una carta geografica del 1513, sicuramente autentica, che riporta con precisione i confini dell’Antartide”. Daniele Papi, cartografo del Politecnico di Milano, ha l’aria annoiata di chi spiega una cosa ovvia. Il problema è che il Polo Sud fu scoperto nel 1818.

Quella carta insomma, in base alle conoscenze attuali, non può esistere.

Come ha affrontato, la scienza, questa evidente contraddizione? “Semplice”, risponde Papi. “L’ha ignorata”. Perché? “Perché per spiegarla si sarebbero dovute stravolgere troppe verità che si considerano acquisite per sempre”.

Vede, la carta di Piri Reis non si limita a mostrarci l’Antartide. Ce la mostra priva di ghiacci; cioè come appariva molte migliaia di anni fa.

Questo vuol dire che, in epoche che noi consideriamo preistoriche, qualcuno era in grado di disegnare mappe estremamente complesse. Doveva esistere una civiltà sviluppata…

 

Ma questa idea va contro troppi punti fermi della scienza.

 

 

 

 

Succede così che quando Charles Hapgood, un membro della Royal Geographic Society, cercò negli anni Cinquanta di spiegare il mistero, fu trattato come un pazzo. Quando poi Albert Einstein si schierò apertamente al suo fianco la strategia della scienza ufficiale cambiò: non potendo più irridere Hapgood, lo ignorò.
Ma, per fortuna, ogni ortodossia, ha i suoi eretici. E allora ecco Judah FoIkman, il ricercatore americano che vuol combattere il cancro bloccando la formazione dei vasi sanguigni. È stato ignorato per trenta anni: oggi è in odore di Nobel.
Ecco la ricerca della “fusione fredda” degli atomi. Liquidata come una bufala ai tempi dell’annuncio di Stanley Pons e Martin Fleischmann ma oggi considerata così interessante da finire al centro di un progetto dell’Enea diretto da Carlo Rubbia.
Ecco Halton Arp, astronomo del California Institute of Technology a cui, per aver posto in dubbio la teoria del Big Bang, è stato vietato di usare il telescopio (e si è dovuto trasferire in Germania).
Ecco ancora Kary Mullis e Peter Duesberg, secondo cui il virus Hiv non sarebbe la vera causa dell’Aids. La cosa può sembrare assurda ma lo diventa meno se si pensa che Mullis è un premio Nobel (ha trovato il modo per moltiplicare all’infinito piccole porzioni di Dna) e Duesberg è il più importante virologo d’America. O perlomeno lo era, prima che la sua teoria controcorrente lo facesse diventare vittima di una congiura del silenzio (nelle migliaia di articoli, ricerche, conferenze che parlano di Aids, quanti citano Duesberg?).

 

 Ortodossia. Eresia. Termini religiosi, da cui nasce il dubbio che la scienza non sia imparziale e oggettiva come proclama di essere. E che abbia anch’essa miti, dogmi, sacerdoti, luoghi comuni, punti di vista.

Mentre Stephen Hawking poté proclamare, tra il plauso generale dei colleghi, che tra pochi anni sapremo tutto dell’universo, a Karl Popper, che sosteneva l’impossibilità di dimostrare definitivamente la verità di qualsiasi teoria, non furono risparmiate dure critiche. In modo simile Kurt Gödel ha provato che non si può dimostrare la coerenza globale di un qualsiasi sistema logico. Per non parlare degli infiniti paradossi sollevati dalla fisica quantistica che minano alla base il principio di causa/effetto. Persino il metodo sperimentale è stato messo sotto accusa: secondo Thomas Kuhn gran parte della ricerca scientifica serve solo ad aggiungere particolari a ciò che si sa già ma le vere rivoluzioni nascono da errori o anomalie. Paul Feyerabend ha proposto addirittura di creare un metodo dell’errore, da affiancare a quello tradizionale, perché lo scienziato è solo apparentemente imparziale, in realtà invece si muove all’interno di un sistema di teorie e “verità accettate” (“paradigmi” per Kuhn) che funziona come un paraocchi: permette di vedere facilmente ciò che concorda col suo credo ma rende incomprensibile ciò che invece. lo contraddice. Confermando così quel che già all’inizio del secolo diceva Max Planck, il padre della fisica quantistica: “una verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce ma perché alla fine muoiono e nasce una generazione per cui i nuovi concetti diventano familiari”.

 

 

Non ci sono, però, solo condizionamenti culturali. Ne esistono anche di molto più concreti. La scienza ha mangiato la mela dell’interesse economico, accusa il fisico Giuliano Preparata, che ha condotto studi sulla fusione atomica fredda. Multinazionali e colossi di ogni tipo finanziano la ricerca e la indirizzano verso i settori per loro più remunerativi. Come pretendere che sostengano studi che vanno contro i loro interessi? Ecco allora che, appena esci dal seminato, i finanziamenti si prosciugano. E pochi soldi, ovviamente, significano pochi risultati.
Dopo essere stato per una vita uno dei fisici più stimati d’Italia, anche Preparata ha dovuto affrontare la trafila che trasforma un accademico in un eretico. È un processo diabolico, perché assolutamente impersonale, racconta: “prima cominciano a scarseggiare i fondi. Poi si diventa bersaglio di sprezzanti ironie. Poi i tuoi collaboratori ti lasciano, perché capiscono che a fianco di un outsider non faranno mai carriera… Una vicenda di un’amarezza incredibile. Quando ho cominciato a occuparmi della fusione fredda avevo un’équipe di venti persone. Ora non c’è più nessuno”. Per sua fortuna, anche la fusione fredda ha trovato i suoi sostenitori: da una parte i Verdi e gli ecologisti, affascinati dall’idea di poter produrre energia pulita; dall’altra Carlo Rubbia, che con l’autorevolezza del Nobel ha messo fine alle polemiche. Così Preparata farà parte dell’équipe che a Frascati, nei laboratori dell’Enea, condurrà esperimenti sulla fusione.

 

Esiste dunque una casta scientifica che isola e combatte le idee controcorrente? Federico Di Trocchio, storico della scienza all’Università di Lecce e autore per Mondadori di due best-seller (Le bugie della scienza e Il genio incompreso) è convinto di sì. Anche se il fenomeno è in gran parte strutturale ed inconsapevole. Per intenderci: non esiste un Grande Vecchio che, in una stanza dei bottoni, decide quali teorie vanno sostenute e quali no. Ciò non toglie che i danni siano enormi: si pensi solo a cosa significa, nel campo medico o in quello dell’energia, ritardare di anni una ricerca valida… e parte della colpa va data alla cosiddette “ricadute pratiche”.

Infatti, negli ultimi cinquant’anni, quando il governo americano si accorse (con la bomba atomica, ahimè) delle enormi ricadute pratiche della ricerca cominciò a finanziarla in maniera massiccia, seguito dagli altri Paesi e dalle industrie private. Ma il sistema dei finanziamenti a pioggia rischia, paradossalmente, di strangolare la ricerca pura e di favorire le truffe. Per esempio quelle di chi si inventa risultati inesistenti, solo per ottenere fondi. Di questo passo la scienza arriverà prima o poi a un punto di stallo, di inefficienza evidente. Allora bisognerà ripensare l’intero sistema.
Giulio Giorello, filosofo della scienza e professore all’Università Statale di Milano, è più fiducioso: “È vero, la scienza non è imparziale. Ma è comunque l’attività umana che più si avvicina a qualcosa di assolutamente oggettivo e imparziale. Sviste e resistenze esistono, ma nel lungo periodo si consolida la verità. Nessuno può negare, oggi, che la Terra gira attorno al Sole, o che la fissione nucleare produce energia. Anche le difficoltà fanno parte del sistema e sono necessarie a farlo progredire. La colomba, per rubare un esempio a Kant, odia la resistenza dell’aria; ma senza l’aria non potrebbe volare. La scienza può essere fallibile e presuntuosa ma ha dentro di sé gli anticorpi per non diventare mai una religione moderna”.

 

 

 

Restano problemi spinosi, come quello del controllo. Un politico viene giudicato dagli elettori, ma chi può giudicare il lavoro di uno scienziato, se non un altro scienziato? E che cosa succede se a scegliere le ricerche da finanziare sono, in pratica, le stesse persone che le conducono? Un circolo vizioso dal quale sembra impossibile uscire. Ma non mancano le proposte. La più semplice è questa: finanziamo anche gli eretici dice Di Trocchio. Se solo il 5% dei finanziamenti destinati alla ricerca fosse riservato a tutti gli studi in conflitto con le teorie dominanti, potremmo tenere aperti filoni di ricerca che oggi sono come tanti rami secchi. Inoltre si potrebbe recuperare l’antico sistema dei premi: lo Stato prometta un compenso a chi risolve un certo problema, che sia il motore elettrico perfetto o la conservazione degli alimenti senza additivi. A chi dice che così si penalizzerebbe la ricerca tecnica, rispondo: non ci può essere applicazione pratica senza teoria.
Quello che più oggi manca alla scienza è il confronto. Nel suo “Dialogo”, Galileo prende un tolemaico, un copernicano, e li fa parlare di fronte a una terza persona, arbitro imparziale. È giunto il momento di seguire il suo esempio. Basta con l’esperto che sale in cattedra e, come un sacerdote, diffonde il Verbo agli adepti silenti. Organizziamo incontri tra gli scienziati che la pensano diversamente in televisione, nelle università; e siano gli spettatori imparziali a dare credito a uno o all’altro.
Democratizzare la scienza. Potrebbe essere la sola soluzione.

 

 

BIBLIOGRAFIA

David Blatner: “Le gioie del p greco” Garzanti.
Luc Bùrgin: “Errori della scienza” Bompiani.
Brian Butterworth: “Intelligenza matematica” Rizzoli.
K. C. Cole: “L’universo e la tazza da tè” Longanesi.
Keith Deviln: “Dove va la matematica” Bollati Boringhieri.
Federico Di Trocchio: “Le bugie della scienza” Mondadori.
Federico Di Trocchio: “Il genio incompreso” Mondadori.
Peter Duesberg: “Aids, il virus inventato” Baldini & Castoldi.
PauI Feyerabend: “Dialogo sul metodo” Laterza.
Charles Hapgood: “Maps of the Andent Sea Kinp” Chilton Books.
Paul Hoffrnan: “L’uomo che amava solo i numeri” Mondadori.
John Horgan: “La fine della scienza” Adelphi.
Robert Klaplan: “Zero, storia di una cifra” Rizzoli.
Thomas Kuhn: “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” Einaudi.
Piergiorgio Odifredi: “il Vangelo secondo la scienza” Einaudi.
Armando Torno: “La truffa del tempo” Mondadori.
David Welles: “Numeri memombili” Zanichelli.