News Dalla Letteratura Internazionale
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La calvizie non è associata a rischio cardiovascolare
Ellis J.A. et al: Clin Sci ( Colch) 2001; 100; 401 – 404.

Diversi studi clinici hanno in passato indicato un’associazione tra calvizie maschile e malattie cardiovascolari.
Gli Autori hanno analizzato la relazione tra calvizie maschile e fattori di rischio cardiovascolare.
Con il “Victorian Family Heart Study” Sono stati presi in esame 129 uomini di età compresa tra i 18 ed i 70 anni. Ognuno dei partecipanti ha compilato un questionario, indicando il grado di calvizie e la sua localizzazione.
I partecipanti allo studio sono stati raggruppati in tre gruppi:
a) senza calvizie;
b) calvizie frontale,
c) calvizie del vertice.
L’analisi dei dati ha mostrato che gli uomini calvi erano più avanti negli anni dei non calvi. L’età avanzata era anche associata a rischi cardiovascolari aumentati.
Quando è stata impiegata la regressione multipla, aggiustata per le differenze d’età, non è stata osservata alcuna differenza tra calvi e non calvi per i livelli di rischio cardiovascolare.

L’alopecia occipitale del neonato non è dovuta alla frizione
Cutrone M., Grimalt R.: Eur J Pediatr 2005 Jul 12.

Questo studio dimostra che lo sviluppo dell’alopecia occipitale del neonato non è influenzato dalla posizione che il neonato tiene nella culla e che quindi non dipende, come si è in passato sostenuto, dallo sfregamento della testa sul cuscino.
Gli Autori hanno valutato l’incidenza dell’alopecia occipitale in un gruppo di 301 neonati osservati alla nascita e al terzo mese di vita. Tutti i bambini dormivano in posizione supina per la prevenzione della morte nella culla secondo le direttive dell’American Academy of Pediatrics. Nel campione esaminato l’incidenza dell’alopecia occipitale era del 11.88%.
Il confronto con l’incidenza riscontrata negli anni 1985 – 1995, quando i bambini erano posti a dormire casualmente, in posizione supina o laterale, non ha mostrato differenze significative.

L’alopecia occipitale fa parte delle dermatosi transitorie neonatali, cioè di quelle dermatosi del neonato che vanno incontro a rapida risoluzione spontanea.
L’alopecia non dipende dalla frizione ma dal fatto che il ciclo dei peli della regione occipitale è ritardato rispetto a quello della regione fronto-parieto-temporale dove i capelli cadono e sono sostituiti in utero prima della nascita.

La fase telogen in regione occipitale inizia 8 – 12 settimane dopo la nascita ma non è clinicamente evidente come alopecia in tutti i bambini poiché nella maggior parte dei casi l’area occipitale mantiene in ogni caso un numero sufficiente di capelli in anagen da far sì che, all’esame clinico, non sia presente un diradamento evidente.

Induzione della crescita di peli dopo rimozione laser e trattamento
Kontoes P. et Al: J Am Acad Dermatol 2006; 54(l): 64 – 7

L’epilazione con laser è una tecnica relativamente sicura con pochi effetti collaterali. Scopo di questo studio è stato quello di valutare l’incidenza della comparsa di peli terminali nelle aree adiacenti a quelle sottoposte ad epilazione laser o in quelle dove i peli sono stati precedentemente rimossi e di seguire il corso e il trattamento di questo fenomeno.
È stata condotta un’analisi retrospettiva su un gruppo di 750 pazienti sottoposti a epilazione laser nel periodo maggio 1998 e 2005 in un istituto privato di Atene. Di questi 30 (4,5%) erano andati incontro a crescita di nuovi peli. I risultati indicano che la ricrescita di peli si riscontra ai bordi delle aree colpite da luce laser o nel trattamento dei peli del vello, prevalentemente sul volto e sul collo, in particolare nei soggetti di sesso femminile e con fototipo scuro (III o IV) e che l’effetto collaterale è comparso dopo aver effettuato da 3 a 10 trattamenti con laser. Si ipotizza che il fenomeno sia dovuto all’infiammazione locale, conseguente a ripetuti trattamenti con laser, che può agire da fattore inducente la trasformazione di peli del vello in peli terminali.
I peli terminali cresciuti dopo le sedute di laser sono stati nuovamente trattati con laser e hanno risposto al trattamento con una graduale riduzione della densità pilifera. È tuttavia consigliabile avvertire il paziente di questo possibile, seppur raro, effetto collaterale,

Influenza degli estrogeni sul metabolismo del testosterone nei follicoli piliferi
Niiyama S. et al: Eur J Dermatol 2001; 11: 195 – 1998.

I pathway molecolari, coinvolti nell’induzione estrogeno-mediata della crescita dei capelli nell’alopecia androgenetica sono sconosciuti.
Alcuni Autori hanno trovato che l’estradiolo inibisce l’attività della 5-alfa-riduttasi. I Ricercatori del Department of Dermatology della Philipp University a Marburg (Germania) hanno verificato se il 17-alfa ed il 17-beta-estradiolo fossero in grado di modulare l’attività della 5-alfa-riduttasi, della 3 beta-idrossisteroide-deidrogenasi (3 beta-HDS), o della 17-beta-idrossisteroide-deidrogenasi (17-beta-HSD) in isolati compartimenti dei follicoli piliferi umani.
A questo scopo, frammenti di cute del cuoio capelluto di volontari sono stati incubati fino a 48 ore con 3 H-Testosterone a cui è stato aggiunto 17-alfa-estradiolo, 17-beta-estradiolo, progesterone o finasteride.
La finasteride è risultata essere il più efficace inibitore della formazione di diidrotestosterone.
Non è noto se gli estrogeni inibiscano direttamente la 5-alfa-riduttasi nelle papille o se l’effetto degli estrogeni possa essere spiegato con un aumento della conversione del testosterone ad androgeni con minore attività come, l’androstenedione e l’androstenediolo.

Meccanismi di miniaturizzazione dei capelli nella alopecia androgenetica
Whiting D.A.: J Am Acad Dermatol 2001; 45: ( 3 Suppl): S81 – 86.

Nell’alopecia androgenetica i follicoli vanno incontro ad una miniaturizzazione, che porta alla crescita di peli vellus anziché di capelli.
Generalmente si ritiene che questo processo avvenga gradualmente e si è ipotizzato che la miniaturizzazione possa essere spiegata con una serie di cicli anagen via via sempre più brevi ma semplici calcoli dimostrano che ciò richiederebbe troppo tempo.
La miniaturizzazione, secondo i Ricercatori del Baylor Hair Research and Treatment Center (Dallas, Usa) è un processo improvviso che può anche essere invertito, come dimostra il trattamento con finasteride.
Gli autori ipotizzano che la miniaturizzazione osservata durante la perdita di capelli sia il risultato diretto della riduzione del numero delle cellule e delle dimensioni della papilla dermica.

Meccanismi molecolari nell’alopecia androgenetica
Trueb R.M.: Exp Gerontol 2002; 37: 981 – 990.

L’alopecia androgenetica è un progressivo assottigliamento ereditario dei capelli.
Mentre è stata i raggiunta una buona comprensione del metabolismo degli androgeni coinvolto nei processi androgeno dipendenti esistono, ad oggi, poche conoscenze riguardo ai meccanismi ereditari alla base della calvizie.
I processi androgeno-dipendenti sono principalmente dovuti al legame del diidrotestosterone (DHT) al recettore degli androgeni.
Le funzioni delle cellule DHT-dipendenti dipendono dalla disponibilità di androgeni a debole attività.
La conversione del testosterone a diidrotestosterone, androgeno più potente, ad opera dell’enzima 5-alfa reduttasi, riduce l’attività degli enzimi preposti ad inattivare gli androgeni. Ne consegue una più marcata attivazione dei recettori degli androgeni.
Gli scalpi predisposti all’alopecia androgenetica presentano alti livelli di diidrotestosterone, ed un’aumentata espressione dei recettori degli androgeni. Gli attuali trattamenti dell’alopecia androgenetica consistono nella finasteride, inibitore della 5-alfa reduttasi di tipo II, che viene somministrata per os e nel minoxidil, un vasodilatatore per uso topico, che in vivo ha dimostrato di stimolare la produzione di vascular endothelial growth factor (VEGF).
Poiché l’efficacia di questi farmaci è limitata, un possibile cofattore nell’eziologia dell’alopecia androgenetica potrebbe essere rappresentato dall’infiammazione follicolare con remodelling del tessuto connettivo.

Il polimorfismo del gene del recettore dell’androgeno è associato alla calvizie maschile
Ellis J.A. et al: J Invest Dermatol 2001; 116: 452 – 455.

La calvizie ereditaria comune, detta anche alopecia androgenetica, interessa fino all’80% dei soggetti maschi di 80 anni. La calvizie è in questi casi caratterizzata da alti livelli del potente androgeno, diidrotestosterone, ed aumentata espressione del gene per il recettore dell’androgeno.
Per dimostrare che il gene del recettore dell’androgeno è associato alla calvizie maschile, sono state confrontate le frequenze alleliche dei polimorfismi del gene del recettore dell’androgeno in soggetti con calvizie significativa (54 giovani e 392 anziani) e nel gruppo di riferimento senza calvizie (107 anziani).
Il sito di restrizione StuI nel gene del recettore dell’androgeno è stato trovato in 53 (98,1%) su 54 giovani calvi, e nel 92,3% negli uomini anziani calvi, ma solo nel 76,6% nel gruppo controllo.
Negli uomini calvi sono state evidenziate anche lunghezze delle triplette ripetute, CAG e GGC, più corte.
La mutazione in vicinanza al gene o nel gene del recettore dell’androgeno spiega gli alti livelli di espressione di questo gene nella calvizie.

Il gene Hairless non sembrerebbe coinvolto nell’alopecia androgenetica
Hillmer A.M. et al: Br J Dermatol 2002; 146: 601 – 608.

La predisposizione genetica e la dipendenza dagli androgeni sono importanti caratteristiche dell’alopecia androgenetica.
Il gene umano denominato Hairless (HR) è stato recentemente clonato e sono state evidenziate mutazioni nei soggetti con alopecia congenita recessiva autosomica ed atrichia papulosa.
L’obiettivo dello studio è stato quello di verificare se il gene HR può essere coinvolto nell’alopecia androgenetica.
Hanno preso parte allo studio 46 uomini affetti da alopecia androgenetica. L’analisi conformazionale a singolo filamento (SSCA, single-strand conformation analysis) non ha fornito evidenza di un significativo coinvolgimento del gene HR nello sviluppo dell’alopecia androgenetica sebbene non possa esserne escluso un ruolo minimale.

Depressione dopo somministrazione di finasteride per alopecia androgenetica
Altomare G., Capella G. L.: J Dermatol 2002; 29. 665 – 669.

I Ricercatori del Dipartimento di Dermatologia dell’Università di Milano hanno riportato il caso di 19 pazienti (14 maschi e 5 femmine, età media 28,16 anni) che hanno sviluppato un disturbo dell’umore (depressione moderata-grave) durante l’assunzione di finasteride (Propecia) 1mg/die per os, per il trattamento dell’alopecia androgenetica (tipo III – IV della scala di Hamilton, tipo I – II della scala Ludwig). La depressione, in alcuni casi associata ad un marcato stato d’ansia, si è sviluppata dopo 9 – 19 settimane di trattamento con finasteride e si è risolta dopo sospensione del farmaco. In 2 pazienti, che hanno riassunto la finasteride, la depressione si è di nuovo sviluppata entro 2 settimane.

La finasteride può causare alterazioni spermatiche e cromosomiali
Collodel G. et al: Arch Androl 2007; 53: 229 – 233.

Ricercatori dell’Università di Siena hanno segnalato il caso di tre giovani uomini, che si erano rivolti al Centro per l’Infertilità Maschile, e che avevano fatto uso di finasteride per 5 anni.
La qualità del seme è stata esaminata mediante microscopia ottica per valutare la concentrazione spermatica e la motilità degli spermatozooi. La morfologia degli spermatozooi è stata controllata mediante microscopia elettronica a trasmissione. La presenza di microdelezioni Y è stata esaminata mediante tecnica PCR (reazione di polimerizzazione a catena ). La segregazione meiotica è stata esplorata mediante tecnica FISH (ibridazione in situ fluorescente).
Il paziente 1 presentava azoospermia mentre i pazienti 2 e 3 hanno mostrato una normale concentrazione spermatica ma motilità progressiva gravemente ridotta.
L’analisi al microscopio elettronico a trasmissione ha rivelato alterata morfologia degli spermatozoi (necrosi), ed i dati ottenuti con tecniche FISH hanno evidenziato elevate frequenze di diploidia e disomia del cromosoma sessuale.
Questo esame ripetuto 1 anno dopo che i pazienti avevano sospeso l’uso della finasteride senza ricevere alcun trattamento ha documentato un recupero del processo spermatogenico.
La motilità e la morfologia sono migliorate, mentre il pattern meiotico non si è modificato, presentando elevata frequenza di diploidia e disomia del cromosoma sessuale.

La finasteride 1 mg può causare azoospermia ed oligospermia
Liu K.E. et al: Fertil Steril 2007, Epub ahead of print.

Ricercatori canadesi hanno descritto 2 casi di azoospermia e grave oligospermia in uomini durante e dopo l’interruzione di un trattamento a base di finasteride 1 mg (Propecia).
I due pazienti assumevanoil farmaco per la perdita dei capelli.

L’immediata misura terapeutica adottata è stata l’interruzione della finasteride e l’esito è stato il miglioramento della concentrazione spermatica con l’interruzione del trattamento.
Il paziente A era affetto da un anno da documentata azoospermia ed era stata inizialmente programmata per lui una biopsia testicolare.
Sei mesi dopo l’interruzione della finasteride (1 mg al giorno ), è stato osservato un miglioramento nella concentrazione spermatica fino a 5,5 x 10(6) /mL.
Il paziente B era affetto da grave oligospermia con una concentrazione spermatica di 4 x 10(6)/mL. La concentrazione spermatica è migliorata a 6,6 e successivamente a 18,7 x 10(6)/mL dopo 3 e 6 mesi dall’interruzione del trattamento con finasteride.
Sono stati dunque descritti due casi di pazienti non fertili con azoospermia o grave oligospermia, che hanno mostrato significativi miglioramenti nella concentrazione spermatica dopo 6 mesi dall’interruzione dell’assunzione della finasteride. In un caso il miglioramento dei parametri spermatici ha permesso di evitare la biopsia testicolare ed ha corretto l’azoospermia.
L’interruzione dell’assunzione di finasteride da parte della popolazione non fertile potrebbe migliorare i parametri spermatici e consentire trattamenti dell’infertilità meno invasivi.

Un bias potrebbe spiegare l’eccesso di tumori ad alto grado tra i soggetti assegnati alla finasteride nello studio PCPT
Cohen Y.C. et al: J Natl Cancer Inst 2007; 99: 1366 – 1374.

Lo studio PCPT (Prostate Cancer Prevention Trial ) ha dimostrato una riduzione del 28,4% nella prevalenza a 7 anni del tumore della prostata tra i pazienti trattati con finasteride 5 mg/die ( Proscar ), rispetto ai pazienti trattati con placebo.
Tuttavia, è stato osservato un aumento del 25,5% nella prevalenza di tumori ad alto grado (Gleason).
Il significato di queste osservazioni non è chiaro.
È stato ipotizzato che la finasteride riduca il volume della prostata, favorendo l’individuazione di tumori a più alto grado.
Ricercatori hanno sviluppato un modello logistico, utilizzando il gruppo placebo, e l’hanno poi applicato al gruppo finasteride.
Il volume mediano della prostata è risultato ridotto del 25% nel gruppo finasteride ( valore mediano = 25,1 cm3 ), rispetto al gruppo placebo ( valore mediano = 33,5 cm3 ).
È stato osservato che la probabilità di individuare un tumore della prostata ad alto grado si riduceva all’aumentare del volume (per ogni aumento di 10 cm3 del volume della prostata, OR= 0,87 ).
Sulla base di questo modello, 239 tumori prostatici ad alto grado sono stati predetti nel gruppo finasteride, mentre 243 sono stati osservati, una differenza non statisticamente significativa.
Tra tutti i partecipanti, l’odds ratio ( OR ) per il tumore ad alto grado nel gruppo finasteride, rispetto al gruppo placebo, si è ridotto da 1.27 con l’aggiustamento per le covariate al basale, a 1.03 dopo aggiustamento aggiuntivo per il volume della ghiandola ed il numero delle biopsie nei modelli binari.
Sebbene le analisi che fanno uso di dati post-randomizzazione richiedano cautela nell’interpretazione, questi risultati stanno ad indicare che il bias della densità di campionamento da solo potrebbe spiegare l’eccesso di tumori ad alto grado tra i soggetti assegnati alla finasteride nello studio PCPT.

Alopecia femminile, escrezione di sebo e risposta periferica agli androgeni
Birch M.P., Lashen H., Agarval S., Messenger A.G,: Br J Dermatol 2006; 154 (1): 85 – 9.

Sebbene l’alopecia femminile possa essere un segnale di iperandrogenismo, molte donne con questo problema non hanno alcuna evidenza clinica o biochimica di un eccesso di androgeni. Per valutare l’ipotesi che la perdita dei capelli in donne senza iperandrogenismo sia dovuta a un’elevata risposta agli androgeni da parte dei follicolo piliferi, in questo studio è stata valutata l’escrezione di sebo quale parametro della risposta periferica cutanea agli androgeni.
Sono state studiate 100 donne, 41 con alopecia con pattern femminile (senza irsutismo), 29 con irsutismo (con e senza alopecia) e 30 soggetti senza problemi di caduta di capelli.
Sono stati stati misurati la densità dei capelli sull’area frontale, l’escrezione di sebo sulla fronte, l’indice di androgeni liberi del siero (FAI) e l’indice di massa corporea (BMI).
ll valore medio di FAI e l’indice medio BMI risultavano aumentati nelle donne con irsutismo rispetto a quelle senza irsutismo ma non si riscontravano differenze significative dei valori tra donne senza problemi di irsutismo con e senza alopecia.
L’escrezione media di sebo risultava più alta nelle donne con irsutismo ma senza differenze significative.
Non si riscontravano differenze significative dell’escrezione di sebo tra donne senza irsutismo con e senza problemi di caduta di capelli.
Non emergeva alcuna correlazione tra densità dei capelli ed escrezione di sebo.
I risultati dimostrano che l’escrezione di sebo non è elevata in donne con alopecia con pattern femminile. Questo indica che nel controllo della crescita dei capelli e dell’escrezione di sebo agiscono differenti meccanismi di risposta periferica agli androgeni. Un’altra possibile spiegazione è che nell’alopecia femminile siano coinvolti meccanismi di tipo non androgenico.

Efficacia della finasteride associata ad un contraccettivo orale nell’alopecia femminile
Iorizzo M, et al: Arch Dermatol 2006; 142: 298 – 302.

Un gruppo di Ricercatori dell’Università di Bologna ha valutato l’efficacia della terapia con finasteride associata ad un contraccettivo orale contenente drospirenone ed etinilestradiolo in donne in fase premenopausale con alopecia femminile.
Un totale di 37 donne con alopecia femminile è stato trattato con finasteride per os, 2.5mg/die, mentre assumeva un contraccettivo orale contenente drospirenone ed etinilestradiolo.
L’efficacia del trattamento è stata valutata mediante fotografia globale e il punteggio di densità dei capelli mediante videodermoscopia.
Un questionario autosomministrato è stato impiegato per analizzare la valutazione del paziente circa l’efficacia del trattamento.
A 12 mesi di follow-up, 23 delle 37 pazienti sono state considerate migliorate sulla base della fotografia globale (12 sono migliorate lievemente, 8 moderatamente e 3 notevolmente ).
In 13 pazienti non è stato riscontrato alcun miglioramento, mentre una paziente ha manifestato un peggioramento della sua condizione.
In 12 pazienti è stato osservato un incremento statisticamente significativo ( p = 0,002) nel punteggio della densità dei capelli.
Il trattamento farmacologico non ha evidenziato alcun evento avverso.
In conclusione il 62% delle pazienti ha riportato alcuni miglioramenti nell’alopecia con l’impiego di finasteride 2.5mg/die, assunta in concomitanza con un contraccettivo orale.
Non è chiaro se il successo terapeutico sia dovuto ad un più alto dosaggio di finasteride (2.5mg/die anziché 1mg/die) o alla sua associazione ad un contraccettivo orale contenente drospirenone, che ha un effetto antiandrogenico.

Perdita di capelli nelle donne con iperandrogenismo: efficacia della finasteride
Shum W. et al: J Am Acad Dermatol 2002; 47: 733 – 739.

La finasteride (Propecia ), un inibitore della 5 alfa-reduttasi di tipo II, ha dimostrato di aumentare la crescita dei capelli e di rallentare la progressione dell’assottigliamento negli uomini con calvizie androgenetica, ma non ha mostrato alcun effetto sulla crescita dei capelli nelle donne in postmenopausa con perdita di capelli.
I Ricercatori del Dipartimento di Dermatologia del Royal Hallamshire Hospital di Sheffield ( UK) hanno descritto 4 casi di perdita di capelli in donne con iperandrogenismo.
In questi soggetti la finasteride ha migliorato o stabilizzato l’alopecia.
Un miglioramento nella crescita dei capelli è stato visto dopo 6 mesi, 1 anno, e 2,5 anni.

Trattamento dell’alopecia iperandrogenica nelle donne
Carmina E., Lobo R.A.: Fertil Steril 2003; 79: 91 – 95.

Lo studio, eseguito presso il Dipartimento di Ginecologia ed Ostetricia dell’Università di Palermo, ha analizzato l’efficacia di 3 trattamenti in donne in premenopausa con alopecia iperandrogenica.
Un totale di 48 donne con alopecia iperandrogenica è stato randomizzato a ricevere giornalmente ciproterone ( 50mg) con etinil estradiolo secondo un regime sequenziale inverso, flutamide ( 250mg) o finasteride ( 5mg) o placebo per 1 anno.

La flutamide ha prodotto una riduzione del punteggio di Ludwig del 21%. _Gli altri trattamenti non hanno prodotto alcun risultato statisticamente significativo.
Da questo studio emerge che la flutamide ( 250 mg/die) produce un modesto miglioramento dell’alopecia dopo 1 anno di trattamento.
Secondo gli Autori, per ottenere migliori risultati, potrebbe essere richiesto un trattamento superiore ad 1 anno.

Trattamento topico dell’alopecia androgenetica con lo spironolattone
Dill-Muller D.; Zaun H.: J European Academy of Dermatology and Venereology, Settembre 1997; 9, 1001: 31 – 31(1)

Lo spironolattone, antagonista del recettore dell’aldosterone, possiede effetti antiandrogenici grazie all’inibizione di recettori periferici e riduzione dell’attività enzimatica nella biosintesi del testosterone.
Abbiamo valutato l’effetto del trattamento topico con spironolattone (1% in soluzione Cordes®) nella calvizie androgenetica femminile. La diagnosi è stata basata su criteri clinici (diradamento biparietale e/o centrale), più del 25% di capelli in telogen nel tricogramma frontale, stato endocrinologico regolare e in qualche caso è stata effettuata una biopsia incisionale.
60 pazienti di sesso femminile divise in tre gruppi
(Gruppo 1: 24 pazienti con monoterapia emilaterale;
Gr. 2: 20 pazienti con applicazione bilaterale;
Gr. 3: 16 pazienti con terapia antiandrogenica sistemica combinata); hanno ricevuto un trattamento topico con 10 gocce (gr. 1) di soluzione allo spironolattone e 20 gocce (grr. 2 e 3) al dì nell’area dello scalpo soggetta agli androgeni per un minimo di 6 mesi, fino a due anni per il momento.
Lo stato clinico ed il tricogramma sono stati controllati dopo 3 e 6 mesi.
In caso di oggettiva risposta nel gruppo 1, le pazienti venivano trasferite alla terapia bilaterale.
Nel gruppo 1 il 65% delle pazienti ha presentato una risposta effettiva e il 40% di queste (le prime ad aver intrapreso la terapia allo spironolattone) presentavano ricrescita di nuovi capelli.
Nel gruppo 2 la terapia topica ha prodotto miglioramenti nel 60% delle pazienti.
Invece nel gruppo 3 solo il 50% delle pazienti presentava una riduzione o per lo meno stabilizzazione, della caduta dei capelli; pur sempre un risultato accettabile, relativamente alle precedenti terapie sistemiche a lungo termine senza benefici.
Non si sono avute variazioni nei segni vitali, per esempio ipotonia o squilibri ormonali, durante la terapia.
Lo spironolattone risulta essere un trattamento topico efficace per l’alopecia androgenetica nelle donne.

Trattamento dell’alopecia androgenetica femminile con antiandrogeni orali
Sinclair R., Wewerinke M., Jolley D.: Br J Dermatol 2005; 152: 466 – 73.

Questo studio confronta l’efficacia di due antiandrogeni orali, il ciproterone acetato e lo spironolattone in un gruppo di ottanta donne sia in pre che in postmenopausa.
Il ciproterone acetato è stato somministrato al dosaggio di 50 mg/die continuativamente nelle donne in menopausa e di 100 mg dal 5° al 15° giorno del ciclo in associazione ad un contraccetivo orale nelle donne in premenopausa.
Lo spironolattone è stata somministrato al dosaggio di 200 mg/die, in 5 pazienti il dosaggio è stato ridotto a 100 mg/die per l’insorgenza di effetti collaterali.
I risultati valutati con la fotografia globale dopo un anno di trattamento mostrano un miglioramento clinico in 35 pazienti (44%), una stabilizzazione della malattia in 35 ed un peggioramento in 10 (12%). L’analisi statistica non ha evidenziato differenze significative fra i risultati ottenuti con i due farmaci.
In generale hanno risposto meglio le donne che presentavano un diradamento più grave a livello della sommità del capo.
I limiti di questo studio sono l’assenza di controlli e la non omogeneità del campione studiato: gli autori non specificano ad esempio quale contaccettivo è stato utilizzato nelle donne in premenopausa. Non vengono inoltre discussi gli effetti collaterali dei trattamenti.
I risultati clinici sono stati comunque giudicati molto promettenti e tali da promuovere una utilizzazione più diffusa degli antiandrogeni, a dosaggi relativamente elevati, nel trattamento dell’alopecia androgenetica femminile.

La finasteride più efficace del minoxidil nell’alopecia androgenetica
Arca E. et al: Dermatology 2004; 209: 117 – 125.

Uno studio in aperto ha valutato l’efficacia della finasteride per os rispetto al minoxidil 5% per uso topico nell’alopecia androgenetica, forma lieve-grave.
Hanno preso parte allo studio, che ha avuto una durata di 12 mesi, 65 pazienti maschi, che sono stati assegnati in modo casuale alla finasteride 1mg/die (n = 40) oppure al minoxidil 5% per uso topico due volte al giorno (n = 25 ).
Dopo 12 mesi, i pazienti trattati con finasteride per os hanno presentato un aumento della densità dei capelli nell’80% dei pazienti contro il 52% della soluzione topica a base di minoxidil.
Gli effetti indesiderati sono stati lievi e non hanno comportato interruzione del trattamento.
Nel gruppo trattato con finasteride per os 7 pazienti hanno presentato reazioni avverse: 6 pazienti hanno sofferto di perdita della libido ed in un paziente c’è stata la crescita di peli in altre parti del corpo.
Un paziente trattato con minoxidil 5% ha presentato irritazione a livello dello scalpo.
Nel gruppo trattato con finasteride è stato osservato un aumento dei livelli plasmatici di testosterone totale ed una riduzione del testosterone libero e del PSA (antigene specifico per la prostata ).

Miglioramento della crescita dei capelli con finasteride 1 mg negli uomini d’età 41 – 60 anni
Whiting D.A. et al: Eur J Dermatol 2003; 13: 150 – 160

Uno studio multicentrico della durata di 2 anni ha valutato l’efficacia e la tollerabilità della finasteride 1mg sulla crescita dei capelli in 424 uomini di età compresa tra 41 e 60 anni con perdita dei capelli soprattutto al vertice.
L’analisi delle fotografie ha mostrato un significativo miglioramento nella crescita dei capelli nel gruppo degli uomini trattati con finasteride a partire dal 6° mese di trattamento e mantenimento fino al 24° mese, rispetto al placebo.
Il trattamento con finasteride 1 mg è risultato generalmente ben tollerato.

Acido fosfatidico: potenzialità in tricologia
Gigli P.: Atti del XXIII Incontro – Società Italiana di Tricologia – ottobre 2008.

L’acido fosfatidico è un fosfolipide che svolge funzioni di secondo messaggero intracellulare. La fosfolipasi D (PLD) è un enzima chiave in una via di trasduzione che idrolizza la fosfatidilcolina (PC) e porta alla formazione dei secondi messaggeri acido fosfatidico (PA) e diacilglicerolo (DAG).
Nel follicolo pilifero è possibile distinguere 2 tipi cellulari principali;
1) cellule connettivali: papilla dermica
2) cellule epiteliali: guaina epiteliale interna ed esterna, cellule della matrice
Shapiro e Price hanno concluso che nella valutazione di principi attivi finalizzati a stimolare la crescita dei capelli, un’ importante indice di valutazione è l’entità con cui questi principi vanno a stimolare la proliferazione dei cheratinociti del follicolo.
È stato dimostrato che sia l’acido fosfatidico che l’acido lisofosfatidico attraverso meccanismi recettoriali e non, promuovono la crescita e moltiplicazione di numerosi tipi cellulari in vitro: fibroblasti umani, cellule endoteliali, cellule osteoblastiche. L’Acido fosfatidico inoltre agisce controllando la divisione cellulare essendo coinvolto nei meccanismi di passaggio tra g1 e s.

Effetti dell’acido fosfatidico su colture di cheratinociti e cellule epiteliali del topo da laboratorio:
1) Risulta efficace nel promuovere crescita e moltiplicazione delle cellule epiteliali del follicolo;
2) Come è ben noto il TGF-b1 è capace di indurre apoptosi delle cellule epiteliali del follicolo e quindi di innescare la fase catagen, l’aggiunta di acido fosfatidico alla coltura cellulare neutralizza l’effetto inibitore del TGF-b1.
In vivo nel modello del topo da laboratorio l’acido fosfatidico applicato topicamente sulla cute dorsale si è mostrato capace di indurre l’anagen e di stimolare la crescita dei peli.
In ratti rasati, dopo 18 giorni una soluzione di minoxidil 1% ha portato a ricrescita su circa il 75% dell’ area rasata; sempre dopo 18 giorni 0,4% di acido fosfatidico ha portato a ricrescita sul 63% dell’ area rasata. Con il solvente utilizzato nella sperimentazione la massima percentuale di acido fosfatidico solubilizzabile è stato lo 0,4%.

Conclusioni.
L’insieme dei dati ottenuti sia in vivo che in vitro mostrano le potenzialità di uso in tricologia del principio attivo in questione, i dati in vivo in particolare ne suggeriscono la possibilità di uso topico sul cuoio capelluto in forma di lozione.

Fluridil, un nuovo farmaco per l’alopecia androgenetica
Sovak M. et al: Dermatol Surg 2002; 28. 678 – 685.

Il fluridil (Eucapil) è un nuovo antiandrogeno per uso topico che agisce bloccando i recettori degli androgeni.
Uno studio ha valutato la sicurezza e l’efficacia del fluridil nel trattamento dell’alopecia androgenetica maschile. Un totale di 20 uomini è stato trattato con soluzioni al 2%, 4% e 6% di Fluridil, Isopropanolo e/o vaselina, per 21 giorni.
Il fluridil 2% è stato valutato in uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, in 43 uomini con alopecia androgenetica di grado II – Va della scala Norwood.
Né il fluridil, né l’Isopropranolo, a differenza della vaselina, hanno mostrato di causare irritazione o sensibilizzazione.
Dopo 3 mesi la percentuale “anagen” media non era cambiata nei soggetti del gruppo placebo, mentre risultava aumentata nei soggetti trattati con fluridil, passando dal 76% all’85%, e dopo 9 mesi all’87%. Nei soggetti trattati precedentemente con placebo, il fluridil ha aumentato la percentuale “anagen”, dopo 6 mesi, dal 76% all’85%.

Da questo studio, compiuto presso l’University of California a San Diego (USA), il fluridil per uso topico è risultato non irritante, non sensibilizzante e privo di attività sistemica.
Inoltre ha aumentato la percentuale “anagen” nella maggior parte dei pazienti con alopecia androgenetica.

La Dutasteride aumenta la crescita dei capelli
Olsen E.A. et al: J Am Acad Dermatol 2006; 55: 1014 – 1023.

La perdita dei capelli nei maschi è una condizione potenzialmente reversibile in cui il diidrotestosterone (DHT) rappresenta un importante fattore eziologico.
Uno studio ha valutato l’efficacia della dutasteride (Avodart ), un inibitore della 5-alfa-reduttasi di tipo 1 e di tipo 2, negli uomini con perdita dei capelli.
Hanno preso parte allo studio 416 uomini, di età compresa tra 21 e 45 anni, che sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Dutasteride 0.05, 0.1 o 2.5mg, finasteride 5mg o placebo, giornalmente per 24 settimane.
La dutasteride ha aumentato la conta dei capelli nell’area target, rispetto al placebo, in modo dose-dipendente.
La dutasteride 2.5mg è risultata superiore alla finasteride a 12 settimane e a 24 settimane.
I livelli di diidrotestosterone a livello dello scalpo e a livello sierico sono diminuiti, mentre i livelli di testosterone sono aumentati in modo dose-dipendente con la dutasteride.

È corretto prescrivere lo zinco ai pazienti con malattie dei capelli?
Plonka P.M., Handjiski B., Popik M., Michalczyk D., Paus R.: Exp Dermatol. 2005 Nov;14(11): 844 – 53.

Lo zinco è prescritto da molti anni per il trattamento di numerose patologie dei capelli come ad esempio il telogen effluvium e l’alopecia areata. Non vi sono comunque dimostrazioni che lo zinco sia efficace nei pazienti che non presentano deficienze del metallo.
Un recente studio dimostra come in realtà gli effetti dello zinco sul follicolo pilifero siano ambivalenti: da un lato la somministrazione di zinco protegge il follicolo dall’effetto di noxae tossiche, favorendo ad esempio un più rapido recupero dell’attività follicolare dopo il trattamento con chemioterapici, dall’altro trattamenti prolungati con alte dosi del metallo hanno un effetto negativo sul ciclo del pelo ritardando ad esempio il rientro in anagen dei follicoli.
Questo studio condotto sul topo indica chiaramente che gli effetti dello zinco non sono sempre benefici e che dipendono sia dallo stato del follicolo al momento della somministrazione che dai dosaggi e dalla durata del trattamento con zinco.

Inibitori delle protease e caduta dei capelli
Ginarte M., Losada E., Prieto A., Lorenzo-Zuniga V., Toribio J.: AIDS. 2002 Aug 16;16(12):1695 – 6.

Gli inibitori delle proteasi rappresentano un ausilio importantissimo nel trattamento dei pazienti HIV positivi. I più recenti protocolli prevedono l’associazione indinavir + ritonavir in quanto il ritonavir aumenta le concentrazioni plasmatiche dell’indinavir.
Questa associazione è però spesso causa di telogen effluvium con conseguente alopecia anche grave. La caduta dei capelli inizia alcune settimane dopo l’inizio del trattamento ed è reversibile alla sospensione del farmaco.
Spesso il defluvium interessa anche ciglia, sopracciglia, barba e peli pubici e ascellari.

L’ipnoterapia sembra migliorare l’outcome clinico nei pazienti con alopecia areata
Willemsen R et al: J Am Acad Dermatol 2006; 55: 233 – 237.

Esistono solo dati limitati sul ruolo della psicoterapia nell’alopecia areata.
Ricercatori della Free University di Brussels (Belgio) hanno documentato l’influenza dell’ipnoterapia sul benessere psicologico e sull’outcome clinico nell’alopecia areata.
L’ipnosi è stata impiegata in 28 pazienti con estesa alopecia areata refrattaria ai tradizionali trattamenti.
Ventuno pazienti, di cui 9 con alopecia totale o alopecia universale e 12 con alopecia areata estesa, sono stati arruolati durante un periodo di 5 anni.
Dopo trattamento, tutti i pazienti avevano un punteggio di ansia e di depressione significativamente più basso.
In 12 pazienti, dopo 3-8 sessioni di ipnoterapia, è stata osservata una ricrescita dei capelli del 75 – 100%, con una crescita totale in 9 di questi pazienti, tra cui 4 pazienti con alopecia universale e 2 con ofiasi.
In 5 pazienti si è avuta recidiva.
Lo studio presenta dei limiti, tra cui il ridotto campione studiato. Tuttavia l’ipnoterapia sembra migliorare gli outcome clinici ed il benessere psicologico nei pazienti con alopecia areata.

Prevenzione dell’alopecia indotta dalla chemioterapia mediante inibitori CDK
Davis S..T et al: Science 2001; 291: 134 – 137.

La maggior parte dei chemioterapici impiegati nel trattamento antitumorale producono perdita di capelli e conducono all’alopecia.
L’inibizione della kinasi 2 ciclin-dipendente (CDK 2), un regolatore positivo della progressione del ciclo cellulare degli eucarioti, può rappresentare una strategia terapeutica per prevenire l’alopecia indotta dalla chemioterapia, arrestando il ciclo cellulare e riducendo la sensibilità dell’epitelio a molti chemioterapici antitumorali
L’applicazioen topica degli inibitori CDK2 ha ridotto la perdita dei capelli in un modello sperimentale con una percentuale di efficacia del 30-50%.

Scarsa efficacia della tecnica di raffreddamento dello scalpo nel prevenire l’alopecia nei pazienti trattati con epirubicina e docetaxel
MacDuff C. et al: Eur J Cancer Care 2003; 12: 154 – 161.

Lo scopo dello studio è stato quello di verificare l’efficacia della tecnica di raffreddamento dello scalpo nel prevenire l’alopecia nei pazienti con tumore della mammella, sottoposti a trattamento chemioterapico con epirubicina e docetaxel.
Lo studio ha interessato 40 pazienti di cui 10 sono stati sottoposti alla tecnica di raffreddamento dello scalpo.
Una maggiore perdita di capelli è stata osservata nei pazienti del gruppo controllo. Tuttavia il livello di protezione offerto dalla tecnica di raffreddamento dello scalpo per questa associazione chemioterapia è risultato scarso.