Permanente e Tintura
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Permanente e Tintura

“COSMETOLOGIA TRICOLOGICA”
permanente e tintura
di Marino Salin e Andrea Marliani
(Firenze)
 

 

 
 

 

La permanente
 

La forma dei capelli può essere modificata in modo temporaneo con metodi fisici e con calore umido, la così detta “messa in piega”, od in modo duraturo con metodi chimico-fisici introdotti all’inizio del secolo con la “permanente a caldo”, un processo di idrolisi della cheratina oggi abbandonato.
A titolo storico ricordiamo il procedimento: imbibizione del capello con sostanze fortemente alcaline, borato o carbonato di sodio in presenza di solfito, e messa in piega con bigodini pre riscaldati a temperatura di 180 – 200°.
Questo procedimento, estremamente elaborato ed aggressivo, è stato migliorato solo negli anni 40 grazie alla scoperta dell’attività dell’acido tioglicolico sulla cheratina del capello, si è così passati al metodo della “permanente a freddo” l’unico usato oggi: un processo ossido-riduttivo a carico dei ponti disolfuro della cistina.
Di norma questo trattamento si esegue per arricciare i capelli e per aumentarne il volume apparente, a scopo solamente estetico. per eseguire una permanente a freddo si usano un liquido così detto ondulante ed uno per fissaggio. Il liquido ondulante, alcalino, è costituito essenzialmente da un sale, tioglicolato di ammonio, in presenza di ammoniaca o carbonato o bicarbonato d’ammonio. il liquido di fissaggio è costituito da H2O2, a bassi volumi, da tensioattivi schiumogeni (solitamente cationici) in una soluzione a pH acido, generalmente ottenuta con acido tartarico o acido citrico. Nella moderna cosmetologia i liquidi ondulanti e fissanti sono arricchiti con sostanze così dette “trattanti” (proteine e estratti vegetali) e da profumi che servono a mascherare l’odore sgradevole dei tioglicolati e della ammoniaca.
le reazioni chimiche che caratterizzano la permanente possono essere catalogate in due fasi precise:
1) reazione di riduzione a pH alcalino operata da parte del liquido ondulante;
2) reazione di ossidazione a pH acido operata da parte del liquido di fissaggio.
Le reazioni avvengono i questo modo: i fusti dei capelli vengono saturati con liquido ondulante e avvolte in ciocche ai bigodini. L’alcalinità favorisce, aprendo le squame della cuticola, l’assorbimento del tioglicolato di ammonio che viene a contatto, nello strato corticale del capello, con i ponti disolfuro ed avviene la riduzione poiché i tioglicolati, liberano idrogeno nascente, gli atomi di idrogeno agganciandosi a quelli di zolfo rompono la stabilità dei ponti disolfuro della cheratina formando il gruppo cisteinico SH. Turante questa fase i capelli sono molto delicati e si accorciano leggermente. Il liquido di fissaggio, liberando ossigeno, procura una reazione di ossidazione; l’ossigeno nascente si unisce con l’idrogeno legato agli atomi di zolfo; si forma acqua e gli atomi di zolfo liberi si ricombinano fra di loro rinsaldando nuovi ponti disolfuro. L’acidità del liquidi di fissaggio contribuisce alla richiusura delle squame cheratiniche della cuticola.

 
Poiché tutta questa reazione avviene durante l’avvolgimento dei capelli, in ciocchi, su bigodini si ha una modificazione della forma dei fusti che risulteranno tanto più arricciati quanto più piccoli saranno i bigodini.
Esistono in commercio soluzioni ondulanti “personalizzabili” a pH vario: “forti”, a pH più alcalino, per “capelli difficili”, “normali” per capelli naturali e normali, soluzioni “leggere” per capelli più fragili, tinti e/o capelli decolorati.
Si capisce facilmente come un trattamento siffatto possa facilmente danneggiare le tegole di cheratina della cuticola dei capelli, danneggiare la corteccia e provocare anche fenomeni di tricorressi e tricoschisi. In caso di capelli malformati, ad esempio per moniletrix, la rottura dei fusti sarà quasi inevitabile e si avrà “inopinatamente” una pseudo alopecia.
Si capisce anche come i capelli dopo la permanente appaiano meno grassi. Questo fenomeno, apparentemente positivo, avviene in realtà per il danneggiamento delle tegole della cheratina che rimangono sollevate, moltiplicando la superficie che la ghiandola sebacea è chiamata a servire.

 

 

Le Tinture
 

Tinture permanenti a ossidazione

Le tinture permanenti per capelli sono generalmente dei prodotti in crema, oleosi o gelatinosi, contenenti sostanze incolori che, solo in seguito ad ossidazione, si trasformano in veri e propri coloranti permanenti.
In effetti il contenuto dei tubi o flaconi di “tinta” non può essere definito come un colore vero e proprio; questi preparati sono dei precursori del colore che in seguito a reazioni chimiche di ossidazione e condensazione formano sostanze coloranti.
Queste reazioni devono avere un pH alcalino (di norma fra 9 e 10 dovuto alla presenza di ammoniaca nel precursore) e con l’ausilio di un ossidante (acqua ossigenata).
I precursori del colore sono formulati con derivati organici appartenenti essenzialmente alla serie benzenica con due gruppi NH2 oppure OH.
Questi gruppi possono ossidarsi più o meno facilmente secondo siano in posizione para, orto o meta.
Ricordiamo alcuni tra i precursori più utilizzati:
para-fenilendiamina;
para-aminofenolo;
orto-aminofenolo;
para-toluilendiamina;
meta-fenilendiamina;
meta-aminofenolo;
meta-diidrossibenzene (resorcina).
Oltre a questi derivati organici nei precursori sono contenuti, come già detto:
reagenti alcalini;
soluzioni protettive dall’aria (agenti riduttori come tioli);
un supporto: può essere una crema formulata in maniera autoemulsionante contenente alcoli o amidi grassi o tensioattivi cationici, questi ultimi, tra l’altro, danno lucentezza al capello e migliorano la pettinabilità dopo la tintura.
Le colorazioni ad ossidazione creano una tintura permanente perché, in seguito alle reazioni suddette, si legano in maniera permanente alla cheratina dei capelli.
La loro frequenza d’uso è direttamente proporzionale alla crescita dei capelli, in media ogni 4 – 6 settimane.
La scelta dell’acqua ossigenata può essere determinata dal tipo di colore che si vuole ottenere o dalla percentuale di capelli bianchi da coprire; di solito viene utilizzata acqua ossigenata a bassi volumi (10 – 20) mentre quella a volumi più alti (30 – 40) viene usata quando è necessario schiarire il colore. La legge in Italia limita ad un massimo di 40 volumi l’utilizzazione dell’acqua ossigenata.

La tintura ad ossidazione, per quanto oggi sia formulata secondo leggi precise , può, ovviamente dare fenomeni di allergia da contatto e una direttiva C.E.E. del 1976 diventata poi legge in Italia (n. 713 dell’ 11/10/86; G.U. n. 101 del 30/10/86) obbliga gli operatori cosmetici ad eseguire prima della tintura un “tocco di prova” (!) per accertare una eventuale allergia. La stessa direttiva ha limitato la concentrazione di alcune sostanze organiche ed ha reso obbligatoria la composizione che deve essere specificata dalla casa produttrice sui contenitori delle tinture.
Al di là della possibile allergia, i danni apportati al fusto del capello dalla tintura ad ossidazione sono accettabili e si limitano ad un leggero danneggiamento superficiale delle tegole della cuticola dovuto alla alcalinità dei precursori del colore contenuti nel supporto cremoso.
Le ricorrenti ipotetiche voci di danni gravi alla salute dovuti alle tinture, che periodicamente ritornano specie da oltre oceano, non sono mai stati dimostrate e sono, a nostro avviso, completamente prive di fondamento.

Colorazione diretta semipermanente

Questi tipi di tintura vengono definiti semi permanenti in quanto, dopo 4 – 6 shampoo si eliminano completamente
Questi prodotti contengono già le sostanze coloranti e vengono quindi applicati direttamente sulla capigliatura senza alcuna miscelazione con altri preparati.
Possono essere utilizzati per i seguenti motivi:
apportare riflessi particolari al colore naturale dei capelli;
mascherare i primi capelli bianchi;
per chi deve tingere i capelli molto frequentemente.
Questi coloranti depongono il colore solo superficialmente sulla cuticola, senza arrivare ad impegnare la struttura della cheratina e tanto meno arrivano alla corticale del capello, sono perciò molto meno aggressivi e meno impegnativi delle tinture ad ossidazione.

Decolorazione

Le decolorazioni un tempo venivano eseguite solo con l’ausilio di acqua ossigenata ad alta concentrazione.
Oggi, grazie all’avvento delle tinture superschermanti, si utilizzano i decoloranti solo per particolari esigenze: mèche, colpi di sole etc.
La decolorazione del capello è ottenuta mediante solubilizzazione e distruzione del pigmento melanico.
Per questa operazione sono necessari:
un decolorante, generalmente in polvere o oleoso a base di persolfato;
un ossidante (H2O2).
La reazione deve avvenire in pH alcalino (circa 10), poiché questo facilita la penetrazione del decolorante, aprendo, come già abbiamo visto, le squame della cuticola e attaccando la cheratina delle cellule della corticale. L’operazione di decolorazione porterà quindi obbligatoriamente un danno sia della cuticola che della corticale con indebolimento strutturale del capello.

Fissatori, gel e lacche

La domanda che più spesso ci sentiamo porre riguardo a questi preparati è se possono in qualche modo danneggiare i capelli.
Ebbene possiamo certamente affermare che se questi prodotti sono usati con criterio non possono in alcun modo provocare danni!
Un gel non è altro che un fissatore idroalcolico o analcolico, più spesso cationico, ad effetto condizionante e ben compatibile con la naturale fisiologia del “sistema cute-capelli”. Lo stesso discorso vale per le lacche, preparati che dotati di notevole azione fissativa permettono di tenere ferma la pettinatura o realizzare acconciature particolari.
Il solo caso in cui si dovrà limitare l’uso di questi prodotti è quando vi siano malformazioni del capello con aumento di fragilità. In questo caso l’uso di un fissativo in gel o lacca potrà danneggiare la cuticola e la stessa corticale favorendo i fenomeni di tricorressi. Sarà sempre utile comunque consigliare di eliminare i “fissatori” con un lavaggio in acqua tiepida e non con i classici “due colpi di spazzola”, che sicuramente faranno saltare qualche cellula cuticolare.

 

BIBLIOGRAFIA

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