Capelli e Psiche
dr. Andrea Marliani
dermatologo – endocrinologo
in Firenze
La pelle e i capelli rivestono un ruolo importante quali organi di comunicazione: l’aspetto esteriore di un individuo, sia sano che malato, non solo rispecchia i suoi sentimenti, ma evoca allo stesso modo sentimenti e giudizi nelle persone che lo circondano.
I capelli hanno rappresentato, sin dai periodi più remoti della storia, uno dei punti deboli del corpo umano, fonte di grande sofferenza.
L’immagine di sè viene fortemente alterata, in un numero altissimo di persone, quando la capigliatura si dirada e perde volume e lucentezza.
La perdita dei capelli, o la convinzione di perdere i capelli, rappresentano la motivazione razionale di forme di ansia e depressione più o meno gravi o di disturbi della personalità in un numero preoccupante di persone. Sebbene l’opinione prevalente tra la gente sia che la calvizie sia molto meno importante nell’uomo che nella donna, anche gli uomini riconoscono con sempre maggiore frequenza che il mantenimento di una folta capigliatura rivesta una grande importanza.
La paura di restare calvi colpisce entrambi i sessi e induce i pazienti a consultare non solo il dermatologo (e spesso più d’uno) ma, purtroppo, anche numerosissimi “esperti”, che esperti non lo sono praticamente mai, abili però a far leva sulla labilità psicologica di questi pazienti.
Lo scopo dell’opera di questi individui, sempre più numerosi, è evidentemente solo speculativo e frequentemente oltre i limiti della legalità.
Un problema psicologico particolare che colpisce sia uomini che donne è rappresentato da una caduta di capelli immaginaria, della quale cioè non esiste alcun segno obiettivo e che spesso si manifesta come espressione di depressione mascherata o di dismorfofobia, cioè timore della deturpazione.
L’attività clinica e l’esperienza quotidiana di ogni dermatologo sono testimonianza della particolarità di certe situazioni psicologiche che affliggono un gran numero di pazienti che si presentano allo specialista per un problema di capelli.
Questo dato consente di evidenziare, nel quotidiano rapporto medico-paziente, tre ordini di difficoltà:
1- assenza di rilievo clinico ed obiettivo della patologia tricologica riferita dal paziente
2- presenza di patologie tricologiche specifiche (ad esempio alopecia androgenetica), accompagnate dal rifiuto del paziente di accettare tale diagnosi con conseguente frenetica ricerca di una diagnosi alternativa.
3- evidenza clinica di una patologia tricologica accompagnata da una scarsa disponibilità del paziente ad intraprendere la terapia.
Tali considerazioni, se molto spesso sorprendono psicologi e psichiatri, non stupiscono in realtà noi dermatologi: infatti, l’esperienza quotidiana di visitare numerosi soggetti che lamentano un problema di capelli, ci ha abituati a sapere che spesso ci si trova davanti a pazienti psicologicamente instabili.
Le frasi “se avessi i capelli sarei felice, con una vita di relazione normale”, “se avessi i capelli potrei avere un lavoro di successo e prestigio” o “preferirei avere un tumore piuttosto che perdere i capelli” sono purtroppo ben note al dermatologo che si occupa di tricologia.
Il disagio psicologico di un numero così alto di pazienti tricologici motiva anche la altrettanta facilità con cui queste persone cadono vittime dei presunti esperti, dei “tricologi” (i famigerati personaggi “diplomati” in tricologia ed organizzazioni non ben definibili, che diffondono notizie scientificamente ridicole, avversano con decisione l’operato e la conoscenza dermatologica, pur di commercializzare prodotti di dubbia qualità, nulla efficacia, naturalmente a costi sbalorditivi) che “operano ” in centri pseudo-specializzati, quando non semplicemente a domicilio.
E’ evidente come sia più attraente la razionalizzazione di una causa certa della caduta dei capelli (normalmente l’ “effetto soffocante del sebo che non permette ai bulbi di respirare e che farà cadere tutti i capelli nel giro di un mese al massimo” è il ritornello per lo più recitato o prestampato sui “referti”) con conseguente sicurezza dell’intervento terapeutico (lo shampoo unico nel suo effetto – la lozione naturale che fa “respirare” i bulbi), rispetto ad una diagnosi eziologica reale di una alopecia androgenetica e i possibili rimedi terapeutici che la medicina ufficiale propone, pur con tutti i suoi limiti.
Ed è appunto fra le pieghe di questi limiti che si infilano più o meno abilmente coorti di individui “depositari” delle soluzioni più miracolose.