Dieta e Capelli -Parte 3-
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Dieta e Capelli -Parte 3-

“vitamine e capelli”:
dott Andrea Marliani
Firenze
 

 

 

 

LE VITAMINE E I CAPELLI

Dal punto di vista biochimico le vitamine sono un gruppo di sostanze eterogenee, senza contenuto energetico proprio, attive a dosi generalmente molto piccole, necessarie all’organismo e alla sua crescita, che non possono essere in genere sintetizzate e devono pertanto venir introdotte con gli alimenti (in alcuni casi la flora batterica intestinale ne produce una certa quota).
A seconda delle loro caratteristiche vengono distinte in liposolubili (A, D, E, K) e idrosolubili (B1, B2, B3, B5, B6, B8, acido folico, B12, C, acido lipoico). Alcune sostanze non rientrano fra quelle propriamente definite vitamine (B4, B7, B10, B11, B13 o acido orotico, B14, B15 o acido pangamico, inositolo, rutina o vit. P, carnitina o vit. T, coenzima Q), e non saranno perciò descritte nei dettagli.

Alcune vitamine (A, E, B5, B6, PP, H) sono sicuramente coinvolte nell’attività follicolare. La presenza di anomalie dei capelli e dei peli può in certi casi essere ricondotta a carenze vitaminiche imputabili spesso a drastici regimi dietetici perseguiti con troppa disinvoltura.

Il concetto di vitamina ha la sua origine nella constatazione che i principi alimentari fondamentali (proteine, grassi, carboidrati) non bastano a tenere in salute l’organismo.
Sebbene da tempo i navigatori si fossero resi conto della necessità di portare dei limoni nei viaggi di lunga durata e da tempo fosse riconosciuta l’utilità dell’olio di fegato di merluzzo, la nozione del bisogno di una certa qualità nell’alimentazione rimase un concetto molto vago ed empirico fino all’inizio del XX° secolo.
Nel XIX° secolo si era potuto stabilire che la mancanza di certi fattori nell’alimentazione era all’origine di malattie che da sempre avevano accompagnato l’uomo nella sua storia. Scorbuto, pellagra, beri-beri avevano decimato gli equipaggi delle navi, piegato eserciti potenti, distrutto nazioni.

Il nome “vitamina” fu dato per la prima volta alla tiamina nel 1911, per indicare che questa sostanza aveva la struttura di un anima e che era indispensabile alla vita.
A partire dagli anni trenta si sono prodotte per sintesi le vitamine in quantità sufficiente ad assicurare il trattamento preventivo e curativo delle malattie da carenza. Successivamente si sono estese, talvolta esageratamente, le loro indicazioni terapeutiche. In seguito, per reazione, si è passati a discutere su certe loro indicazioni ed anche a mettere in dubbio il loro interesse, come farmaci nei paesi evoluti, nei quali la popolazione dovrebbe beneficiare di una alimentazione sufficiente ed, almeno teoricamente, equilibrata.
Oggi che metodi di indagine moderni hanno messo in evidenza stati di carenza vitaminica anche in gruppi di popolazioni appartenenti alle società più industrializzate, si è riacceso l’interesse di ricerca intorno a queste sostanze e molte di esse stanno sempre più riconfermando la loro efficacia come veri medicamenti dotati di attività farmaco-dinamica.
Oggi si sta rivalutando l’utilità di un apporto extra alimentare di vitamine ed inoltre queste stanno dimostrando insospettate capacità farmacologiche che probabilmente saranno una delle “novità” della medicina degli anni futuri.
Si è anche visto come, in certi casi, l’assunzione esasperata di una sola vitamina può provocare carenze relative delle altre, con conseguenti disturbi pseudo-carenziali, e pertanto, nella prevenzione, si deve dare la preferenza a composti multivitaminici in dosi equilibrate.

Personalmente ritengo che una somministrazione extra di vitamine non sia mai dannosa (sempre che non si ecceda in vitamine liposolubili capaci di accumularsi nel tessuto adiposo) e quasi sempre, utile anche per i capelli.
Purtroppo nel tentativo di capire i rapporti fra cute e vitamine si è tentato, inadeguatamente, di trasferire in campo umano i numerosi dati relativi agli animali e, come conseguenza, la letteratura abbonda di affermazioni discordanti e contraddittorie.
Vediamo cosa si può dire di certo o di sufficientemente accettato.

 

Vitamina A (retinolo) e retinoidi
La vit. A (retinolo) è un alcool a catena lunga che si trova in natura prevalentemente sotto forma esterificata con acidi grassi in 16 differenti isomeri di cui solo 6 sono noti. E’ insolubile in acqua, facilmente solubile in etere, cloroformio, acetone, grassi ed olii. Si trova solo in prodotti di origine animale: olio di fegato di pesce, fegato di mammiferi (soprattutto orso bianco) e, in minore quantità, in burro, latte, formaggio, uova.

 

 

Le provitamine A o carotenoidi, di cui il rappresentante più importante e conosciuto è il beta-carotene, si trovano soprattutto nei vegetali verdi e nella buccia dei frutti, a cui da colore. In laboratorio è possibile scindere esattamente una molecola di beta-carotene, fortemente liposolubile, in due di vitamina A. Questa divisione matematica non è però attuabile dalle cellule della parete intestinale che addirittura, solo in condizioni particolarmente favorevoli, riescono ad ottenerne almeno una; da qui la necessità di somministrare quantità di beta-carotene e carotenoidi assai più elevate rispetto alle apparenti necessità teoriche.
La vit. A viene misurata in U.I. (Unità Internazionali):
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1 U.I. vit. A = 0,344 microgrammi di vit. A acetato
(terminale molecola CO-CH3);

= 0,550 microgrammi di vit. A palmitato

(terminale molecola CO-(CH2)14-CH3).
L’attività della vit. A palmitato è pertanto circa il 75% di quella acetato.
1 U.I. provitamina A = 0,600 microgrammi di beta-carotene (1 microgrammo = 1 millesimo di milligrammo)
Non essendoci una relazione precisa fra U.I. di vit. A e di beta-carotene, dal 1969 il contenuto di vit. A o provitamina A viene espresso in microgrammi di retinolo o retinolo equivalenti:
1 retinolo equivalente = 1 microgrammo o 3,33 U.I. di retinolo;
= 6 microgrammi o 10 U.I. di beta-carotene;
= 12 microgrammi di carotenoidi diversi.
Si tiene cioè conto, per carotene e derivati, della loro effettiva capacità di trasformarsi in vit. A nell’organismo.
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Dato che il fabbisogno medio giornaliero di vit. A è 3300-5000 U.I. (cioè 1000-1500 microgrammi o 1-1,5 milligrammi) quella di beta-carotene è pertanto: 1000-1500 x 6 = 6000-9000 microgrammi (6-9 milligrammi).
Per quanto riguarda la quantità di vitamina contenuta nei cibi si possono fare i seguenti esempi: 100 gr carota = 12 mg beta-carotene (circa 6600 U.I.); 100 gr albicocca = 2,7 mg beta-carotene (circa 1485 U.I.); 100 gr burro = 1 mg vit. A (3300 U.I.).
In condizioni normali l’assorbimento di vit. A (sotto forma di retinolo libero o esteri del retinolo) a livello della parete intestinale è completo e può portare a ipervitaminosi, mentre per i carotenoidi questo non succede in quanto l’intestino li trasforma in vit. A solo per la quota che necessita all’organismo. Il fegato accumula grandi riserve di vit. A e quindi l’ipovitaminosi non si manifesta per lunghi periodi anche in assenza di assunzione con gli alimenti. La vit. A circola nel sangue legata ad una proteina specifica, R.B.P. (proteina legante il retinolo), sintetizzata dal fegato.

Funzioni della vit. A
Meccanismo della visione.
La vit. A partecipa alla formazione della porpora retinica (rodopsina), recettore della luce particolarmente importante per la visione in bassa intensità luminosa (visione crepuscolare).
Integrità di pelle e mucose.
La vitamina A è un costituente della membrana cellulare e si può affermare che in ogni cellula deve esistere una quantità adeguata di vitamina, al di sopra o al sotto della quale la stabilità della membrana, e quindi della cellula, si altera. Ne deriva che sia in condizioni di ipovitaminosi che di ipervitaminosi sono dannose. Infatti, nella clinica, vediamo che sia condizioni di ipervitaminosi che di ipovitaminosi A portano ad alterazioni della cheratinizzazione con caduta di capelli in telogen negli stati di carenza ed in anagen negli stati di intossicazione acuta.
La vit. A favorisce la sintesi dei mucopolisaccaridi (componenti essenziali del derma e delle guaine del pelo) e la secrezione di muco. La vit A è quindi indispensabile per il mantenimento dell’integrità degli epiteli di rivestimento. Regolerebbe inoltre la sintesi delle cheratine attraverso una azione specifica sui radicali sulfidrilici ma, se assunta in eccesso, potrebbe invece inibire questa sintesi (impedendo conseguentemente che l’ossidazione dei gruppi sulfidrilici (-SH) liberi della cisteina dia luogo ai ponti disolfurici (-S-S) della cistina, necessari alla stabilità ed alla resistenza del pelo. L’ effetto protettivo del beta-carotene nei confronti dei raggi solari associato ad abbronzatura “dorata” si verifica per dosaggi abbastanza elevati (50-70 mg/die) difficilmente ottenibili con le comuni preparazioni commerciali.
Ha funzione di coenzima in alcuni passaggi metabolici nella sintesi degli ormoni steroidi:
cortisolo, corticosterone, colesterolo, ormoni sessuali.
La vitamina A è anche una sostanza antiossidante, impedisce l’ossidazione precoce della vitamina C assunta con l’alimentazione, ed è certamente capace di neutralizzare nell’organismo la presenza di radicali liberi che sono una delle cause dell’invecchiamento e delle degenerazioni neoplastiche e che presumibilmente contribuiscono alla caduta dei capelli dal IV° decennio di vita in poi, quando il defluvio è certamente meno “androgenetico”.
Esistono attualmente dati sperimentali che sembrano confermare un’azione “protettiva” della vit. A e dei retinoidi sullo sviluppo dei tumori maligni e in qualche caso addirittura regressione. Questi studi preliminari necessitano tuttavia di ulteriori conferme.

Un breve discorso a parte merita il beta carotene.
Se fino a pochissimi anni fa si riteneva che il beta carotene giocasse il solo ruolo biologico di precursore della vitamina A, oggi si va ormai delineando anche un sua diversa ed autonoma funzione.
E’ in gran parte a questo pigmento che si deve la capacità dell’organismo di difendersi dai danni ossidativi indotti dai radicali liberi (H2O2, H-, O2+) che si formano in quasi tutti i distretti durante la loro specifica funzione (come ad esempio a livello broncopolmonare durante la respirazione, nell’intestino durante i processi digestivi e nei muscoli durante lo sforzo fisico). Questi danni vanno da una minore efficienza dell’organo, ad un vero e proprio invecchiamento, fino alla mutagenogenesi.
Il suo meccanismo biologico si esplica sostanzialmente nella capacità di neutralizzare l’ossigeno singoletto (O+, ossigeno con attività tossica per le cellule che si forma nella pelle, ad esempio, in seguito a prolungata esposizione ai raggi ultravioletti, dando luogo a conseguenze anche molto gravi e non solo per la stessa pelle ma per tutto l’organismo).
Il banale accorgimento di fornire all’organismo un apporto “farmacologico” estra-alimentare di beta carotene viene oggi valutato positivamente da biologi, biochimici e nutrizionisti. Una dose giornaliera estra-alimentare di 2O mg di beta carotene sembra in grado di permettere di esporsi alla luce solare o ad una fonte di raggi ultravioletti con molta più tranquillità, pare che possa minimizzare gran parte dei danni da fumo di sigaretta sull’apparato broncopolmonare, sembra in grado di ridurre l’incidenza di coronaropatie, di tumori del seno, di carcinomi dell’apparato digerente e, in campo sportivo, di ridurre il danno indotto dallo sforzo atletico sulle fibrocellule muscolari riducendo i tempi di recupero e migliorando la qualità e l’efficacia dell’allenamento.
Gli effetti del beta carotene vengono poi esaltati e moltiplicati, non aumentandone la dose, ma associandolo ad altri “classici” antiossidanti, assunti anch’essi a dosi farmacologiche: essenzialmente la vitamina C (500 mg al giorno) e la vitamina E (100 mg al giorno).

Deficit di vit. A:
Può verificarsi per insufficiente apporto alimentare, malassorbimento intestinale, insufficiente produzione di R.B.P. da parte del fegato o eccessivo consumo.
Sintomi oculari
Nei casi di deficit lieve si osserva emeralopìa (diminuzione della visione al crepuscolo o in caso di scarsa illuminazione), nei casi di deficit grave si ha invece inizialmente xeroftalmìa (secchezza ed atrofia della congiuntiva bulbare che può causare opacità della cornea) e successivamente cheratomalacìa (rammollimento e deformazione della cornea che può portare, se si sovrappongono complicanze infettive, ad ulcerazione della stessa con associate lesioni dell’iride e del cristallino).
Sintomi cutanei
Si ha essenzialmente secchezza cutanea (per ipotrofìa progressiva fino all’atrofia delle ghiandole sebacee e sudoripare) ed ipercheratosi (ispessimento dello strato corneo che è quello più superficiale dell’epidermide) con pelle rugosa e ruvida. Le sedi più colpite sono gli arti e le regioni posteriori del collo. I capelli si presentano aridi, fragili, opachi facilmente estraibili con ridotta resistenza alla trazione per insufficiente ancoraggio delle guaine dovuto a deficit di formazione dei mucopolisaccaridi, loro componente fondamentale.

La somministrazione terapeutica di vit. A prevede dosaggi abbastanza elevati:
50000 U.I./die (16 mg vit. A acetato) per 15 – 20 giorni nell’emeralopia;
150000 U.I./die per 60 giorni nella xeroftalmia;
150000 U.I./die per 45-60 giorni nell’acne (l’effetto benefico si ha a livello dell’ipercheratosi follicolare);
150000-200000 U.I./die per 60-90 giorni nelle discheratosi cutanee (malattia di Darier, pitiriasi rubra pilare, psoriasi);
200000 U.I./die per 120 – 180 giorni nella cheratomalacìa.
I dosaggi dovranno essere adeguatamente elevati anche per la somministrazione di beta-carotene la cui assunzione, a scopo terapeutico, dovrà variare fra 90 e 360 milligrammi al giorno.
In molti preparati commerciali il contenuto in beta-carotene è talmente basso da rasentare il ridicolo: se un confetto contiene infatti l’equivalente di 1000 U.I. di vit. A la somministrazione terapeutica dovrebbe infatti oscillare da 50 a150 confetti al giorno! Dovranno quindi essere utilizzate preparazioni nelle quali le quantità contenute siano chiaramente indicate evitando quelle nelle quali, complessi giri di parole e di percentuali, sembrano scritte volutamente per confondere le idee invece che per chiarirle. Se integrando l’alimentazione con beta-carotene si viene a determinare rapidamente una eccessiva pigmentazione giallastra della cute, e soprattutto dei palmi delle mani, si deve sospettare un ipotiroidismo o un diabete latente, poiché chi è affetto da queste patologie ha difficoltà a trasformare la provitamina in vitamina.
L’attività della vitamina A è ottimale se viene somministrata insieme al complesso B, alle vitamine D, E, al calcio, al fosforo ed allo zinco che è necessario a livello epatico perché possa venire mobilizzata la vitamina A immagazzinatavi.

Ipervitaminosi A
E’ un’evenienza rara a verificarsi nelle nostre regioni (si diagnostica per valori > 500 U.I./100 ml di sangue) e la si vede solo “iatrogena”, quando volutamente provocata con l’uso di retinoidi orali. Ipervitaminosi spontanea si trova descritta in letteratura solo negli Esquimesi che fanno largo uso alimentare di fegato di orso e di foca.
l’ipervitaminosi A si manifesta con sintomi generali (astenìa, ipereccitabilità, anoressìa, disturbi del sonno, nausea e vomito), epatici (ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, aumento della fosfatasi alcalina, epatomegalìa con steatosi) e cutanei, fra i quali quasi paradossalmente, gli stessi sintomi della carenza vitaminica: secchezza cutanea, desquamazione, prurito, ragadi, indebolimento e caduta di peli e capelli e danno nella formazione delle guaine. I disturbi regrediscono rapidamente se si sospende la somministrazione.
Occorre fare quindi attenzione, a somministrare come “placebo” vitamina A ad alte dosi a chi perde i capelli, perché si potrebbe ottenere un, sia pur reversibile, effetto contrario, cioè un effluvio iatrogeno.
Per evitare accumuli dannosi di vitamina è utile somministrarla per soli 5 giorni alla settimana ed interrompere quindi per 2 giorni.
Quando in dermatologia si desidera usare vitamina A a dosaggi “farmacologici” la sintomatologia da ipervitaminosi è comunque sempre inevitabile!
Oggi, qualora si ritenga utile questa terapia, è più conveniente e più maneggevole fare uso di retinoidi, informando il paziente degli inevitabili e reversibili effetti collaterali.

Retinoidi
Comprendono le forme naturali e gli analoghi di sintesi della vit. A. Dato che la molecola della vit. A è composta da tre parti (un gruppo ciclico, una catena polienica e un gruppo polare) e che ognuna di esse può essere variamente modificata il numero finale di combinazioni è pressoché illimitato.
I retinoidi di prima generazione comprendono tutti i metaboliti naturali della vit. A, in particolare la tretinoina (Airol®) acido tutto trans retinoico o vit. A acida (terminale polare COOH invece che CH2OH) e il suo metabolita isotretinoina (Roaccutan®) o acido 13 cis retinoico.
I retinoidi di seconda generazione, ottenuti per trasformazione del gruppo ciclico (retinoidi aromatici), hanno come capostipite l’etretinato (Tigason®).
I retinoidi di terza generazione, ottenuti per ciclizzazione della catena polienica, comprendono la famiglia degli arotinoidi.
L’indice terapeutico (per indice terapeutico, secondo Bollag, si intende il rapporto fra la dose più bassa in grado di provocare una ipervitaminosi A e la dose, somministrata per 14 giorni, che provoca una regressione del 50% del volume dei papillomi) dell’isotretinoina è 2,5 volte superiore a quello della tretinoina mentre quello dell’etretinato è 10 volte superiore. Ancora maggiore, da 10 a 50 volte, quello degli arotinoidi (che arrivano fino a 8000 per quanto riguarda i soli papillomi).

Effetti biologici principali dei retinoidi
Controllo della proliferazione e della differenziazione delle cellule epiteliali.
A livello epidermico quest’attività determina modificazioni dei cheratinociti sia citoplasmatiche (fragilità lisosomiale, deposito di sostanze mucino-simili) sia della parete (riduzione del numero e della dimensione dei desmosomi), con conseguente assottigliamento e perdita di coesione dello strato corneo; si ha inoltre aumento dell’attività germinativa dei cheratinociti dello strato basale (e conseguente ispessimento dell’epidermide) e stimolazione delle cellule del Langerhans (ad attività “difensiva”).
Attività sui tessuti connettivali.
A livello dermico si ha stimolazione dei fibroblasti, neoangiogenesi e incremento della desquamazione all’interno dei follicoli; riduzione di volume e di attività delle ghiandole sebacee (soprattutto isotretinoina) e inibizione della motilità dei granulociti neutrofili ed eosinofili (etretinato e isotretinoina).
Applicazioni terapeutiche:
Sono in generale quelle della vit. A rispetto alla quale alla maggiore attività si associano dosaggi di utilizzo più bassi che consentono di ridurre al minimo gli effetti tossici (per l’acne grave ad esempio si possono utilizzare 20-30 mg/die di isotretinoina al giorno). L’utilizzo dei retinoidi appare particolarmente appropriato nei casi di acne grave resistente ad altre terapie (isotretinoina a dosaggi variabili fra 0,3 e 1 mg/kg/die per un periodo medio di 15-20 settimane), nelle forme gravi e soprattutto generalizzate di psoriasi (etretinato a dosi variabili fra 0,3 e 1 mg/kg/die partendo con la dose più alta e scalando via via ogni 3-4 settimane fino a trovare la terapia di mantenimento più opportuna), ittiosi e stati ittiosiformi, cheratodermia palmo-plantare, discheratosi follicolare etc. In alcuni casi la terapia può indurre remissioni anche prolungate (come l’ isotretinoina nell’acne), mentre in altri la malattia si ripresenta quasi subito dopo la sospensione della terapia (ad es. l’etretinato nella psoriasi) pur in assenza degli effetti “rebound” tipici dei corticosteroidi.
Effetti collaterali dei retinoidi:
Gli effetti collaterali dei retinoidi sono quelli della vitamina A sopradosata ma hanno durata più lunga.
In primo luogo occorre ricordare che i retinoidi sono teratogeni (ma non mutageni). Non sono pertanto da prescrivere in corso di gravidanza ed è indispensabile evitare una gravidanza per almeno 3 mesi dal termine di un trattamento con isotretinoina e per almeno 2 anni dopo etretinato, che è dotato di una emivita superiore a 150 giorni.
Le manifestazioni più comuni e fastidiose, ma non intollerabili, sono comunque quelle cutaneo-mucose e, specie con l’uso di isotretinoina, il nostro paziente facilmente, nel 90% dei casi, lamenterà chéilite (secchezza delle labbra e piccole ragadi agli angoli della bocca), nel 30% dei casi dermatite eritematosa centro-facciale, nel 15% dei casi secchezza ed irritazione oculare con congiuntivite, nel 5 – 10% dei casi (ed a dosi alte di farmaco) un telogen effluvio che potrà impaurire ma che, addirittura, potrebbe dimostrarsi utile per lo stato generale dei capelli, appena risoltosi.
Soprattutto con l’etretinato, nel 35% dei casi, il paziente lamenterà secchezza cutanea con prurito e, nel 50% dei casi, desquamazione palmo-plantare.
Con una incidenza più o meno equivalente sia per l’etretinato che per l’isotretinoina, nel 40% dei casi, si avrà secchezza della mucosa del naso (con possibili fenomeni di epistassi) e della bocca.
Nel 15% dei casi e sia con isotretinoina che con etretinato, potranno manifestarsi alcuni disturbi generali caratterizzati prevalentemente da sete, nausea, vomito, cefalea e dolori addominali.
Più subdoli, ma generalmente accettabili, gli effetti ematoclinici che si presentano circa nel 10% dei casi con aumento delle transaminasi, dei trigliceridi e del colesterolo (attenzione ai diabetici). Nel maschio è descritta oligospermia con teratospermia (ovviamente reversibile) la cui incidenza appare sottostimata
La regressione di tutti gli effetti collaterali è sicura ma avviene lentamente con la sospensione della terapia in uno – sei mesi.

 

Vitamina D
Esiste in due forme attive, una di sintesi cutanea, vit. D2 o ergocalciferolo, ottenuta per irradiazione ultravioletta dell’ergosterolo (provitamina D2) e una naturale, vit. D3 o colecalciferolo, estratta dall’olio di fegato di pesce e ottenuta per irradiazione ultravioletta del 7 deidrocolecalciferolo presente nel derma.
La vit. D è insolubile in acqua, poco solubile nei grassi e negli olii, facilmente solubile in alcool e soprattutto in etere e cloroformio.

 

 

 

 

L’U.I. di vit. D corrisponde a 0,025 microgrammi (cioè 1 microgrammo = 40 U.I. e 1 milligrammo = 40000 U.I.). Il fabbisogno medio giornaliero del nostro organismo è 400 U.I.
Una parte di vit. D viene introdotta con gli alimenti (fegato, pesce, tuorlo d’uovo, burro, latte ed in quantità minime verdure) ma la quota più abbondante viene direttamente sintetizzata dall’organismo in seguito ad irradiazione ultravioletta del 7 deidrocolecalciferolo presente nel derma e sintetizzato a partire dal colesterolo ed altri derivati sterolici. Qualunque sia l’origine, alimentare o dermica, la vit. D circola nel plasma legata ad una proteina che la protegge dall’ossidazione (e quindi dall’inattivazione). Dopo varie elaborazioni metaboliche, prima epatiche e successivamente renali (idrossilazioni), viene raggiunta la forma attiva: 1-25-diidrossicolecalciferolo.
Occorre sapere che l’idrossilazione epatica richiede una sufficiente funzionalità del fegato e che idrossilazione renale è androgeno – estrogeno dipendente e diventa assai difficoltosa nelle donne dopo la menopausa.
Depositi di vit. D si hanno nei muscoli, nel tessuto adiposo ma soprattutto nel fegato. L’escrezione avviene sia con le feci che con le urine.

Funzioni della vit. D
A livello intestinale regola e permette l’assorbimento del calcio e dei fosfati.
A livello osseo consente la corretta mineralizzazione e quindi la stabilità del tessuto.
A livello renale controlla e inibisce l’escrezione del calcio.
La regolazione del livello plasmatico di calcio e fosfati non dipende solo dalla vit. D ma comporta anche l’intervento dell’ormone paratiroideo che normalmente regola i processi di calcificazione e decalcificazione. In caso di carenza di vit. D si determina un’ipocalcemia secondaria che porta ad aumento della secrezione dell’ormone paratiroideo con azione osteolitica (cioè prelievo di calcio e fosfati dallo scheletro per alzare la scarsa quantità presente nel sangue). L’azione dell’ormone però, non bilanciata dalla vit. D, aumenta, anche a livello renale, l’escrezione di questi sali. In questo modo la situazione non è mai compensata e si assiste ad una progressiva demineralizzazione dello scheletro (rachitismo ed osteomalacìa).

Deficit di vit. D
Nel bambino determina il rachitismo, nell’adulto l’osteomalacìa. La differenza è dovuta al fatto che nell’adulto mancano le cartilagini di coniugazione, cioè quelle cartilagini che riproducendosi e ossificandosi via via permettono l’accrescimento dello scheletro.
RACHITISMO: a seconda dell’età di insorgenza può manifestarsi con rammollimento del cranio, difetti di ossificazione delle fontanelle, alterazioni della gabbia toracica, curvatura delle tibie e dei femori, ipotonia dei muscoli e dei legamenti ed infine nanismo. Sono inoltre tipici l’ipotrichìa, la xerodermìa (cute spiccatamente arida) e la cheratòsi pilare.
Oggi la causa più frequente di rachitismo è un difetto di assorbimento intestinale della vitamina che, peraltro, in caso di sospetto, può essere dosata nel sangue.
OSTEOMALACIA: si manifesta con demineralizzazione ossea, rammollimento dello scheletro, soprattutto a livello della colonna vertebrale, del bacino, delle coste e delle ossa lunghe degli arti inferiori. Contemporaneamente si ha ipotrichia, xerodermia e prurito talvolta intollerabile.
Oggi le cause più frequenti di osteomalacia sono l’iperparatiroidismo per un adenoma delle paratiroidi, che spesso viene sospettato solo per il riscontro casuale di ipercalcemia, e l’insufficienza renale cronica che comporta impossibilità della idrossilazione renale della provitamina (nei dializzati, ad esempio).
I deficit vitaminici possono verificarsi anche per un insufficiente apporto alimentare e/o di esposizione solare, per malattie gastro-intestinali con malassorbimento, per gravi malattie epatiche.
I dosaggi terapeutici variano da 400 a 16000 U.I./die secondo necessità (in casi estremi le dosi d’urto possono arrivare a 200000-600000 U.I./die). Oggi si utilizza, in pratica, la forma attiva: 1-25-diidrossicolecalciferolo. E’ opportuno somministrare contemporaneamente sali di calcio a dosaggio moderato (400-600 mg/die).

Ipervitaminosi D
Essendo la vitamina liposolubile, e quindi facilmente immagazzinabile dall’organismo, può verificarsi ipervitaminosi per sovradosaggio (quantità giornaliere di 100000 U.I. nell’adulto e di 4000 U.I. nel lattante).
Le manifestazioni cliniche derivano dal fatto che, come già sappiamo, l’eccesso di vit. D determina liberazione di calcio dalle ossa con conseguente ipercalcemia
Clinicamente l’ipercalcemia si manifesta con cefalea, astenìa, nausea, vomito, diarrea ed apparenti turbe del carattere. Persistendo l’ipercalcemia saranno possibili danni ben più gravi causati dalla fissazione del calcio nel tessuto renale e nelle pareti dei vasi, con lesioni irreversibili.

 

Vitamina E (tocoferolo)
Vitamina E è il termine generalmente utilizzato per indicare i diversi tocoferoli.
L’alfa-tocoferolo è quello che si trova maggiormente in natura e con la più alta attività biologica.

 

 

 

L’U.I. di vit. E corrisponde a:
-1 milligrammo di alfa-tocoferolo-acetato (R = CO-CH3 forma più stabile);
-0,97 milligrammi di alfa-tocoferolo;
-0,73 milligrammi di alfa-tocoferolo (forma più attiva).
Il beta-tocoferolo, isolato dall’olio di germe di grano, ha attività vitaminica pari al 30% di quella dell’alfa-tocoferolo.
Il gamma-tocoferolo, isolato dall’olio di germe di mais, ha attività pari a solo il 15% di quella dell’alfa-tocoferolo.
Il delta-tocoferolo, estratto dall’olio di soia, è praticamente inattivo.

I diversi tocoferoli si distinguono fra loro per il numero e la posizione dei gruppi metilici presenti nel nucleo.
La vit. E è insolubile in acqua, solubile nei grassi, negli olii, nei solventi organici (etere, acetone, cloroformio). E’ termostabile, resistente agli acidi e agli alcali, sensibile all’ossidazione e alla luce, in particolare modo ai raggi ultravioletti. E’ presente negli alimenti sotto forma di esteri del tocoferolo, viene idrolizzata nell’intestino tenue ed assorbita, come le altre vitamine liposolubili, attraverso la mucosa intestinale in presenza di sali biliari. Circa il 35% della vitamina ingerita passa nella circolazione generale mentre il resto viene eliminato con le feci. Circola nel plasma legata alla frazione beta delle lipoproteine (tasso plasmatico medio 0,7-1,6 mg/100 ml).
All’interno dell’organismo la ritroviamo depositata principalmente a livello del fegato (che ne possiede una piccola scorta), del tessuto adiposo, dell’ipofisi, delle ghiandole surrenali, dell’utero e dei testicoli.
la vitamina E si trova soprattutto negli olii vegetali, nel burro, nell’uovo e nei cibi che contengono anche vitamina A con la quale esercita un ruolo sinergico.

Funzioni della vit. E
La vitamina è la vitamina antiossidante per eccellenza ed è implicata nella “protezione” delle membrane sia cellulari che intracellulari. Questo per l’azione stabilizzante dei gruppi metilici, contenuti nella sua molecola, nei confronti dei fosfolipidi che “catturando” molecole di ossigeno ne riducono il consumo cellulare.
Un deficit di vit. E associato ad eccesso di acidi grassi nell’alimentazione determina la comparsa di perossidi (che formano con le proteine complessi molecolari presenti in vari tessuti sotto forma di lipo-pigmenti) in grado di danneggiare la struttura dello strato lipidico di tutte le membrane cellulari.
Con meccanismo analogo la vitamina E protegge anche dall’ossidazione la vit. A, i caroteni, gli acidi grassi poliinsaturi e le altre sostanze ad azione enzimatica ed ormonale con struttura, anche parzialmente, lipidica.
Mantenendo la stabilità della membrana cellulare dei globuli rossi la vitamina E è essenziale nella regolazione della sintesi dell’eme.
Nella regolazione della spermatogenesi e del ricambio dell’epitelio delle vie seminali.
Nella formazione e nel ricambio delle fibre collagene, della sostanza fondamentale del connettivo, della muscolatura liscia e striata.
La vitamina E è inoltre implicata anche nella respirazione cellulare e livello mitocondriale ed é quindi necessaria alla produzione di energia per le sintesi proteiche cellulari.

Deficit di vit. E
Si manifesta essenzialmente con anemia emolitica, ipotrofia e distrofia muscolare (presenza nelle cellule muscolari di lipo pigmenti dovuti alla polimerizzazione dei perossidi che si formano a spese degli acidi grassi poliinsaturi) e, nei casi gravi, con encefalomalacìa e danni alle fibre muscolari del cuore.
Il fabbisogno giornaliero si aggira intorno a15 mg.(cioè 15 U.I. per l’acetato di alfa-tocoferolo) ma nel caso di somministrazione terapeutica i dosaggi dovranno essere molto più elevati e vengono comunemente prescritti:
-100-150 milligrammi al giorno nella dismenorrea e nelle turbe funzionali della menopausa;
-300 milligrammi al giorno nell’azoospermia e nell’oligospermia;
-400-800 milligrammi al giorno nei disturbi cardiaci da anomalie delle fibre miocardiche.

Ipervitaminosi
Nonostante che il tocoferolo sia una vitamina liposolubile, in grado quindi di accumularsi nel tessuto adiposo, non sono dimostrati disturbi da eccesso di assunzione nell’uomo e non si verificano problemi con un sovradosaggio di 1200 mg/die e oltre!
Nella sperimentazione animale sono stati segnalati aumento della creatinuria (danno renale?) e, un potenziamento delle antivitamine K, con complicanze emorragiche.

Da quanto abbiamo appreso è facile comprendere come la vit. A e la vit. E integrano a vicenda i loro effetti sul metabolismo e le loro proprietà terapeutiche specie nelle alterazioni degenerative dei vasi, del tessuto connettivo e degli organi di riproduzione. Per questo motivo nelle preparazioni commerciali è spesso associata alla vitamina A.

Relazioni della vitamina E con il coenzima Q
Gli ubichinoni o coenzima Q hanno una struttura chimica molto vicina a quella dei tocoferoli e sicuramente una funzione molto importante a livello della catena dei trasportatori di idrogeno. Il coenzima Q non può essere considerato una vitamina dato che l’organismo può sintetizzarlo partendo da un aminoacido, la tirosina, con l’intervento di numerosi enzimi e coenzimi fra cui le vit. C, PP, B6 e B12, l’acido pantotenico e l’acido folico. Per le sue proprietà antiossidanti la vit. E potrebbe proteggere anche il coenzima Q dall’ossidazione.

 

Vitamina K
Il termine generico di vit. K (dal danese “koagulation”), comprende la vit. K1, fitomenadione o fillochinone, di origine vegetale, il gruppo delle vitamine indicate come vit. K2, menachinone, prodotte da microrganismi, la vit. K3, menadione o menachinone-O, sintetica e infine la vit. K4, menadiolo, anch’essa sintetica.
Tutte le vitamine K hanno in comune il nucleo 2-metil-1,4-naftochinone.

 



 

Sono liposolubili, stabili all’ebollizione ma rapidamente degradate dalla luce solare. La formazione di un sale mediante la fissazione di un radicale sodico o solfato consente di ottenere sostanze che, pur conservando l’attività vitaminica, diventano idrosolubili e possono pertanto essere iniettate per via intramuscolare.
Nel plasma la vit. K1 circola alla concentrazione media di 0,16 nanogrammi/ml (1 nanogrammo = 1 milionesimo di milligrammo) e si accumula essenzialmente nel fegato (in minore quantità in muscoli, ossa e cute) che ne possiede una riserva sufficiente per 8 giorni. L’eliminazione avviene sia attraverso le feci che le urine in quantità pressoché equivalenti.

Fonti di vit K
La vit. K1 viene assunta con alimenti come fegato, carne, cavolo, spinaci, broccoli, lattuga, fagioli crescione e molte verdure;
la vit. K2 viene fornita dalla flora batterica intestinale, in particolar modo dall’Escherichia Coli, in quantità variabili dal 10 al 100% (!) del fabbisogno quotidiano, compensando così quella che viene introdotta con l’alimentazione.
Il fabbisogno medio giornaliero di vit. K1 è stimato in 1-2 microgrammi per chilo di peso corporeo.

Funzioni della vit. K
La vit. K è fondamentale per la coagulazione del sangue, dove interviene a vari livelli (attivazione dei fattori II, VII, IX, X e delle proteine C e S), e per la carbossilazione di alcune proteine fondamentali per la costruzione della matrice ossea.

Deficit di vit. K
i sintomi di carenza possono verificarsi se:
ad un insufficiente apporto alimentare si associa una massiccia e prolungata terapia con antibiotici;
esiste una compromissione epatica così grave da impedire la sintesi delle proteine sintetizzate dal fegato dalle quali derivano i fattori della coagulazione vit. K dipendenti;
esiste un’ipervitaminosi A (la vitamina A agisce in modo competitivo a livello epatico con la vit. K).
Clinicamente si osserva essenzialmente una grave sindrome emorragica (prevalentemente muscolare e sottocutanea) mentre gli studi effettuati non hanno ancora accertato con chiarezza i danni a livello di altri tessuti.

Ipervitaminosi K
Non vi sono a tutt’oggi segnalazioni.
I dosaggi terapeutici in caso di carenza variano da 20 a 100 mg/die (vit. K1 somministrata per via intramuscolare).

 

Vitamina B1 (tiamina)
E’ indispensabile per l’utilizzo del glucosio per cui la sua carenza determina problemi soprattutto per quei tessuti che utilizzano questo zucchero come fonte principale di energia (primo fra tutti il tessuto nervoso ma anche il capello). Chimicamente è un alcool, completamente solubile in acqua, insolubile in acetone e cloroformio.

 

 

 

 
 

E’ termolabile e si denatura completamente a 100°C (per cui la cottura di alcuni cibi può distruggerla).
La dose quotidiana oscilla fra 8 e 15 mg. Solo in minima parte viene sintetizzata dalla flora batterica intestinale e il fabbisogno viene quindi coperto con l’assunzione dei cibi: lievito di birra, cereali (riso e grano), pane integrale, soia, carne di maiale, fegato, rene, uova, latte e pesce. La vit. B1 viene eliminata con l’urina e, dato che l’organismo non può immagazzinarla, non esiste possibilità di ipervitaminosi.
La carenza può manifestarsi in seguito all’utilizzo di cibi particolarmente raffinati (farina bianca, riso brillato) o che comunque abbiano subito manipolazioni (per la necessità di conservazione e sterilizzazione di frutta, verdura, carne) che ne abbiano impoverito il contenuto, in seguito a fattori che ne aumentano il fabbisogno (febbre, ipertiroidismo) o che ne aumentano l’escrezione con le urine (poliuria, diabete mellito, prolungati trattamenti con diuretici). I sintomi iniziali sono anoressìa e vomito a cui seguono astenìa muscolare, perdita di peso e, successivamente, sintomi correlabili ad alterazioni del tessuto nervoso periferico (dolore alla pressione del polpaccio, riduzione dei riflessi tendinei, riduzione di sensibilità, parestesie, alterazioni del tracciato elettrocardiografico, tachicardia) e del tessuto nervoso centrale (perdita di memoria, difficoltà di concentrazione, irritabilità, stati depressivi). Mentre tutt’oggi carenze di piccola entità sono frequenti da riscontrare, quella grave, “beri-beri”, è rarissima nei paesi occidentali.
Il “beri-beri” viene distinto in una forma secca (polinevrite e difficoltà alla deambulazione fino a paralisi flaccida, simmetrica, degli arti inferiori), una forma umida (con prevalente compromissione cardiovascolare, tachicardia, dispnea, palpitazioni, ipertrofia cardiaca) e una forma encefalopatica (degenerazione delle cellule del cervelletto con impossibilità a mantenere l’equilibrio, emorragie cerebrali).
Vitamina B2 (riboflavina)
Questa vitamina è un cofattore enzimatico essenziale per una grande quantità di reazioni metaboliche nella maggioranza dei tessuti. Nel sistema della catena respiratoria mitocondriale, dove si forma la gran parte dell’ATP necessario alla vita della cellula (e del capello) ciascun enzima è costituito da una proteina e da un gruppo prostetico. Il gruppo prostetico delle flavoproteine è la riboflavina.

 

 

 

La dose quotidiana necessaria è di circa 1-2 mg. La vitamina B2 è scarsamente solubile in acqua e assai resistente all’aumento di temperatura ma si decompone rapidamente in seguito ad esposizione ultravioletta.
La maggior parte degli alimenti animali e vegetali sono ricchi di vit. B2, in particolare lievito, frattaglie, latte, albume, pesce, carne e vegetali verdi. Nel latte la vitamina è in forma libera mentre nella maggior parte degli alimenti si trova coniugata a proteine. Se il latte rimane esposto al sole circa l’85% della vitamina viene distrutta.
L’escrezione avviene attraverso sia le feci che l’urina. La carenza si manifesta con disturbi della cute e delle mucose, particolarmente in corrispondenza degli orifizi corporei (bocca, ano etc.) nei punti di transizione fra questi due tessuti (come gli angoli delle labbra) con fatti infiammatori. Non si conoscono sintomi da iperdosaggio.

 

Vitamina PP ( B3, niacina)
Comprende due metaboliti principali, l’acido nicotinico e la nicotinamide (peso polecolare 122), ambedue stabili chimicamente e solubili in acqua ed alcool.

 

 

 
L’attivazione della vit. PP conduce a NAD (nicotinamide-adenina-dinucleotide) e NADP (nicotinamide-adenina-dinucleotide-fosfato) implicati in tutte le reazioni di ossidoriduzione dell’organismo, cioè di perdita o di acquisizione di uno ione idrogeno (NAD -> NADH -> NAD e NADP -> NADPH -> NADP), reazioni che avvengono costantemente a livello di tutti i tessuti e fondamentali nel metabolismo del capello per la riduzione del testosterone a diidrotestosterone (ad opera della 5 alfa reduttasi) e per l’ossidazione del testosterone ad androstenedione (ad opera della 17 beta idrossisteroidodeidrogenasi).
La dose quotidiana e necessaria di vitamina PP è compresa fra 10 e 20 mg.
In parte l’organismo è in grado di sintetizzarla (dal triptofano), ma ne sono comunque ricchi i lieviti, i cereali (la vitamina è tuttavia in questo caso molto meno biodisponibile perché sotto forma di nicotinil-estere, non idrolizzabile dall’organismo), ed è comunque ben presente nelle verdure, nella frutta fresca ed anche secca, nelle carni e nel fegato, nel pesce, nel latte e nei formaggi.
L’eliminazione avviene per via renale.
Il suo deficit provoca, nella sua espressione più grave, la pellagra, che si manifesta con disturbi cutanei (cute arrossata e secca, desquamante, iperpigmentata, talvolta edematosa soprattutto a viso ed estremità degli arti), gastrointestinali (stomatite, glossite, gastrite, diarrea) e nervosi (delirio, confusione mentale, allucinazioni).
Dosaggi eccezionalmente elevati di vit. PP, ottenuti sperimentalmente, sono risultati epatotossici.

 

Vitamina B5 (acido pantotenico)
Come dice il suo nome (pantotenico) si trova in tutti i tessuti animali e vegetali. Fonti abbondanti sono i lieviti, il fegato, la carne, le uova, il pesce, la verdura, la frutta e, per il bambino, il latte materno (nel latte artificiale viene comunemente aggiunta Vit. B5 in ragione di 1-3 mg per 100 gr di polvere).

 

 

 

La vit. B5 è il precursore del coenzima A (vit. B5 + ATP + cisteina) che tutte le cellule dell’organismo utilizzano per il meccanismo respiratorio, per la sintesi di acidi grassi, di ormoni, di colesterolo e in genere di tutte le reazioni necessarie alla “vita” stessa delle cellule. La sua assenza è quindi improponibile in un organismo vivente. Il fabbisogno quotidiano è stimato intorno a 4 -7 mg.
Sebbene nei ratti sia stato dimostrato che l’acido pantotenico è in grado di prevenire l’incanutimento e la caduta dei peli, nell’uomo questa azione non si è mai potuta dimostrare ed il proliferare di prodotti per capelli a base di pantotenolo è del tutto priva di fondamento scientifico!
Una sindrome carenziale umana si è potuta ottenere solo in volontari alimentati con una dieta sintetica ed ha provocato: mal di testa, affaticabilità, parestesie, crampi muscolari, disturbi intestinali (duodeniti ed ulcere duodenali). Invece quadri dermatologici, come la dermatite seborroica, classicamente attribuiti a carenza di acido pantotenico, non sono stati riscontrati.
L’eliminazione della vitamina avviene per via renale e non si conoscono disturbi da ipervitaminosi.
Vitamina B6 (piridossina)
Con questo nome vengono identificati 3 composti simili fra loro: piridossina, piridossale (gruppo CHO al posto del CH2OH della piridossina) e piridossamina (gruppo CH2NH2 al posto del CH2OH della piridossina).

 

 

Tutti i tessuti dell’organismo possono trasformare, mediante l’enzima piridossal-chinasi, i 3 composti in piridossal fosfato, che rappresenta la forma attiva e che serve da coenzima per un grande numero di reazioni enzimatiche a livello epatico, cutaneo, cerebrale (neurotrasmettitori).
Il fabbisogno quotidiano di questa vitamina idrosolubile (peso molecolare 206), stabile al calore ma degradabile alla luce, è circa 2-2,5 mg. Una piccola quota di vitamina è fornita dalla flora batterica intestinale. Nel latte artificiale in commercio viene aggiunta una quantità di vit. B6 variabile da 0,2 a 0,4 mg per 100 grammi di polvere.
Con l’alimentazione troviamo vitamina B6 nel fegato, nelle carni, nella farina di grano intero, nel mais, nel pesce, nelle uova, nel latte, nella frutta e nella verdura.
I deficit di vit B6 sono rari ed in genere dovuti a:
alcoolismo cronico (per inibizione dell’attività dell’enzima piridossal-chinasi e accelerata distruzione del piridossal-fosfato da parte dei prodotti di ossidazione dell’etanolo, in particolare dell’acetaldeide),
trattamento con isoniazide in soggetti affetti da TBC (il farmaco si lega al piridossal-fosfato che perde la sua attività vitaminica),
uso di contraccettivi orali (aumentato consumo di vit. B6).
I sintomi principali di carenza (in pratica mai riscontrabili se non sperimentalmente) sono: perdita di appetito, vomito, diarrea, lacrimazione, degenerazione delle cellule cerebrali, neuropatia periferica, anemia microcitica ipocromica.
L’iperdosaggio è anch’esso rarissimo in quanto, per ottenerlo, bisogna somministrare 2-4 gr. di vitamina al giorno per molti mesi pare che provochi una neuropatia periferica di tipo sensitivo prontamente regredibile sospendendo la somministrazione della vitamina stessa.
L’utilizzo terapeutico di vit. B6 (50-500 mg/die) è stato proposto per polinevriti, nevrite ottica, parestesie, crampi, tremori, “sindrome delle gambe senza riposo”, morbo di Parkinson (senza associare contemporaneamente L-Dopa che ha effetto antagonista).

 

Vitamina H (B8, biotina)
La vitamina H (peso molecolare 244), poco solubile in acqua ed alcol e molto di più in etere, è stabile al calore in soluzione acquosa ma viene distrutta dai raggi ultravioletti.
Possiede un’affinità molto elevata con una glicoproteina dell’albume dell’uovo, l’avidina (peso molecolare 70000) con la quale si lega chimicamente (legame non covalente) rendendone impossibile l’utilizzazione e quindi favorendo le manifestazioni da carenza. La cottura delle uova distrugge l’avidina per cui il problema sussiste solo nel caso di ingestione massiccia e continua di uova crude (la “dieta” di alcuni “frequentatori di palestra” prevede di “bere” crudo l’albume anche di 10-12 uova al giorno!).
Leggere differenze nella configurazione della catena laterale permettono di distinguere due isomeri: la forma alfa, che si trova più abbondante nel tuorlo d’uovo, e la forma beta, presente nel fegato.

 

 

La biotina , come già detto, è presente in quantità elevata nel fegato e nel tuorlo d’uovo ma anche, seppure in quantità minore, nel cioccolato, arachidi, piselli secchi, funghi e lieviti e per una certa quota è sintetizzata anche dalla flora batterica intestinale.
Il fabbisogno quotidiano è stimato in 150-200 microgrammi ma, dato che il fegato ne possiede un’elevata riserva (circa 25-30 milligrammi !) e dato che la flora batterica intestinale può sopperire in buona parte alla necessità, una carenza è quasi impossibile a verificarsi in patologia umana.
La biotina (vit. B8) è essenziale per la sintesi degli acidi grassi in quanto, come gruppo prostetico, rappresenta la componente funzionale dell’acetil-CoA-carbossilasi, enzima chiave nei processi lipogenetici. E’ quindi indispensabile per molte reazioni del metabolismo intermedio in particolare di carbossilazione e desaminazione dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine. Interviene inoltre in maniera indiretta in numerose reazioni chimiche che interessano la biosintesi delle purine, delle pirimidine e di certi aminoacidi.
La carenza può verificarsi solo in “condizioni limite” ed assai improbabili (come prolungate terapie antibiotiche associate ad assunzione di elevate quantità di albume crudo) e si manifesta con dermatite desquamativa, colore grigiastro e secchezza della cute e delle mucose, atrofia delle papille linguali, nausea, astenia ed anoressia, mialgie e parestesie localizzate.
Negli animali, in condizioni sperimentali, si ha alopecia, perdita del pelo, dermatite simil-seborroica, arresto della crescita corporea e disturbi neurologici di variabile entità fino ad attacchi spastici e paralisi progressiva. Da queste sperimentazioni si è voluto arguire che la vitamina abbia precise indicazioni terapeutiche come l’alopecia, l’acne e la dermatite seborroica e le si è voluto attribuire un effetto positivo particolare nella crescita dei capelli.
Comunque nel caso di sospetta o comprovata carenza la posologia consigliata è 10-20 mg/die.(nel lattante le dosi terapeutiche vanno dimezzate rispetto all’adulto).
Non è mai stata descritta una ipervitaminosi.

 

Vitamina B12 (cobalamina)
Si tratta di un composto organico la cui formula di struttura è molto complessa. E’ molto stabile, solubile in acqua e resiste al calore fino a 120° C.
Esistono varie forme di cobalamina presenti nell’organismo umano, tutte con il nucleo centrale formato dall’atomo di cobalto legato a 4 atomi di azoto; fra le principali ricordiamo la cianocobalamina, la idrossicobalamina, la metilcobalamina e l’adenosilcobalamina.

 

 

La vit. B12 è presente negli alimenti di origine animale sotto forma di complesso proteico e viene resa libera nel tubo digerente per effetto del calore, dell’acido cloridrico gastrico e degli enzimi gastro-intestinali.
Nell’uomo, a differenza di alcuni animali, la sintesi di vit. B12 da parte della flora batterica intestinale è praticamente nulla ma, considerando che la dose quotidiana necessaria è 4 microgrammi (cioè 0,004 milligrammi) e che il fegato ne ha di riserva 2-3 milligrammi, anche in caso di non assunzione completa e prolungata, i sintomi di carenza non possono manifestarsi prima di un paio di anni.
La vit. B12 è un indispensabile cofattore di due reazioni enzimatiche, quella di transmetilazione e quella di isomerizzazione. La prima consente la conversione dell’omocisteina in metionina, sostanza base per il metabolismo dei folati, la carenza determina difficoltà alla sintesi delle basi pirimidiniche e conseguentemente del DNA; la seconda riguarda la isomerizzazione del metilmalonil CoA, fondamentale per il ciclo di Krebs, cioè per la sintesi di energia.
La carenza grave di vit. B12 si manifesta con l’anemia perniciosa.
Il disturbo è ematologicamente caratterizzato da alterazioni numerica dei globuli rossi ridotti per numero e poveri in emoglobina ma con volume nettamente aumentato (megaloblasti), riduzione numerica dei globuli bianchi (leucopenìa) e delle piastrine (trombocitopenìa), compromissione neurologica per degenerazione dei nervi periferici dei cordoni laterali e posteriori del midollo spinale e a volte della sostanza cerebrale.
Clinicamente si può osservano pallore, tachicardia, dispnea da sforzo, astenia, anoressia, diarrea, parestesie e disturbi della sensibilità, glossite (con aumento di volume della lingua) in genere dolorosa, anormale pigmentazione della cute, impotenza (nell’uomo) e sterilità (nella donna).
Vi è tendenza alla caduta e all’incanutimento dei capelli anche nelle forme carenziali larvate o minori.
Dato che la vitamina B12 è sintetizzata dai batteri e che il regno vegetale non ne ha bisogno, le fonti sono rappresentate solo dagli alimenti di origine animale: fegato, carne, pesce, uova, formaggio, latte.
Fra le possibili cause di carenza, pertanto, oltre alle anomalie ereditarie e ai difetti di assorbimento e/o di elaborazione della vitamina, vanno ricordate le diete vegetariane perseguite, troppo spesso, con leggerezza e rigidità.

 

Vitamina B9 o Acido folico (folacina, vit. M dei vecchi Autori)
I folati, o acidi folici, sono un gruppo di composti sintetizzati dal regno vegetale e dai microrganismi. L’acido folico non esiste come tale in natura. Ha peso molecolare 441,4, è degradato dalla luce e dai raggi ultravioletti e si presenta come una polvere gialla, cristallina, facilmente solubile in acqua, insolubile in alcool, acetone, etere e cloroformio. La famiglia degli acidi folici, il cui capostipite è l’acido folico (o acido pteroil-glutammico), comprende, fra gli atri, l’acido pteroil-diglutammico, il diidrofolato, il tetraidrofolato, il N5 metil tetraidrofolato, il N5-N10 metilene tetraidrofolato, il N10 formil tetraidrofolato, il N5 formil tetraidrofolato (acido folinico).

 

 

Gli acidi folici sono indispensabili per la sintesi, l’interconversione e l’utilizzo di alcuni aminoacidi, per la sintesi delle purine e delle pirimidine, per la riproduzione e la normale crescita delle cellule (in particolar modo quelle del sangue).
Fonti naturali di acidi folici sono il latte fresco (si ha il 50% di distruzione della vitamina dopo bollitura di 5 minuti), il latte pastorizzato (la pastorizzazione, a differenza della bollitura, non comporta una importante perdita del contenuto in vitamina), le patate, le carote, gli asparagi, i fagiolini, gli spinaci (per questi ultimi quattro la distruzione della vitamina con la cottura supera l’80%), il germe di grano ed il lievito, il fegato, la carne di pollo (si ha distruzione di vitamina con la cottura valutata intorno al 20%), le uova.
La dose quotidiana necessaria Di vitamina B6 è 200 microgrammi e solo una piccola parte può venire prodotta dalla flora batterica intestinale.
Un deficit di folati può pertanto verificarsi per disturbi (generalmente ereditari e raramente acquisiti) dei meccanismi enzimatici preposti all’assorbimento intestinale, per un aumentato fabbisogno (gravidanza ad esempio), per chiara carenza nutrizionale, per l’alcolismo, per l’utilizzo di particolari farmaci (sostanzialmente anticonvulsivanti ed antimetaboliti).
La carenza acuta si manifesta con turbe digestive (anoressia, nausea, diarrea), alterazioni della cute (porpora), alterazioni delle mucose (emorragie, ulcerazioni a livello della bocca e della faringe) e con telogen effluvio.
La carenza cronica è simile a quella descritta per la carenza di vit. B12, compare progressivamente con astenia, turbe del sonno e della memoria, irritabilità e determina successivamente anemia megaloblastica pseudoperniciosiforme (con leucopenia e trombocitopenia), neuropatie periferiche, disturbi cerebellari e psichici, telogen effluvio cronico.
Non sono descritte sindromi da sovradosaggio di vitamina B6.

 

Vitamina C (acido ascorbico)
Ampiamente distribuita nel mondo vegetale è la più popolare delle vitamine. E’ comunemente accettato che la vitamina C acceleri la guarigione delle ferite ed il decorso delle malattie infettive.
La vitamina C (acido ascorbico) ha peso molecolare 176,1, è solubile in acqua, poco in alcool, insolubile in etere e cloroformio. In soluzione acquosa rapidamente si ossida in presenza di metalli, alcali, luce, ossigeno.

 

 

Alcuni animali possono sintetizzare la vit. C partendo dal D-glucosio. Nella specie umana ciò non è possibile e il fabbisogno giornaliero deve pertanto essere coperto con gli alimenti.
L’acido ascorbico, propriamente detto, è in forma chimica ridotta e può ossidarsi ad acido deidroascorbico passando per una forma intermedia, radicale ascorbico libero. Questa possibilità di ossido-riduzione della vitamina è alla base delle sue attività fisiologiche.

L’acido ascorbico per la sua capacità di ossidarsi e ridursi reversibilmente partecipa ai processi di respirazione cellulare (insieme al glutatione, al citocromo C, agli enzimi flavinici e pirimidinici). Interviene quindi nello sviluppo dei fibroblasti degli osteoblasti e degli odontoblasti ed inoltre nel metabolismo intermedio di numerose sostanze (ad esempio nella idrossilazione della prolina ad idrossiprolina, nella sintesi del collagene, nell’ossidazione della tirosina, nella formazione degli ormoni surrenalici). L’acido ascorbico è inoltre in grado di favorire l’assorbimento del ferro e degli altri metalli (Zn, Mg, Ca etc) dall’intestino è cofattore importante per la trasformazione dell’acido folico in acido folinico.
Il compito antiossidante della vitamina C è ben conosciuto; la sua attività deriva dalla riduzione del ferro trivalente:

Fe3 + Vit C—> Fe2 + Vit C* + 2H+

Da questa reazione si forma il radicale della vitamina (Vit C*) che è relativamente non reattivo. Esso decade per sproporzionamento ed interrompe le reazioni a catena dei radicali liberi. La vitamina C viene quindi rigenerata con formazione di deidroascorbato che è invece una molecola pro-ossidante.

2 Vit C* + 2H+ —> Vit C + DHA

La vitamina C rafforza la funzione dei fagociti, aumenta la produzione di anticorpi ed inoltre stimola la sintesi di interferone, un baluardo contro le aggressioni dei virus. Potenzia quindi le difese immunitarie insieme alle vitamine A, E, D, il gruppo B il selenio e lo zinco.
Come la vitamina B1 e la cisteina, può prevenire i danni provocati dal formolo, contrasta gli effetti tossici della nicotina, del benzoato, dei composti azotati, degli agenti citotossici, delle radiazioni ionizzanti ed è in grado di inattivare le tossine batteriche.

Elenchiamo di seguito le altre funzioni più importanti:
– trasporto di ossigeno ed elettroni, indispensabile per alcune attività vitali di tutte le cellule,
– sintesi di collagene, mediante idrossilazione di due aminoacidi, prolina e lisina, che consentono la trasformazione del protocollageno in collagene,
– altre reazioni di idrossilazione, fra cui la trasformazione del colesterolo in acidi biliari, la sintesi degli ormoni corticoidi etc,
– biosintesi della carnitina che, sintetizzata dal fegato a partire da un aminoacido, la lisina, è necessaria per l’ingresso degli acidi grassi nei mitocondri (dove vengono ossidati) e quindi per la produzione di energia (soprattutto delle cellule muscolari),
– biosintesi dell’adrenalina e della noradrenalina, ormoni prodotti dalla ghiandola surrenale, neurotrasmettitori fondamentali per tutto l’organismo,
– prevenzione dell’accumulo di istamina (sostanza responsabile di numerose reazioni allergiche),
– modulazione della sintesi delle prostaglandine (mediatori dei processi infiammatori),
– distruzione dei radicali liberi ossigenati, quali il radicale idrossile, il radicale di ossigeno e il radicale superossido responsabili di reazioni degenerative cellulari (fra cui i processi di invecchiamento). In particolare queste reazioni di eliminazione sono particolarmente importanti a livello dell’occhio e dei polmoni dove assicurano una protezione contro altri agenti ossidanti, come l’ozono (O3),
– altre funzioni immunologiche ed antibatteriche aumentando la mobilità dei globuli bianchi, proteggendone la membrana dai danni ossidativi e attivando la sintesi di energia endocellulare. La vit. C è inoltre indispensabile per la produzione degli anticorpi dato che le catene proteiche, di cui gli anticorpi stessi sono formati, sono tenute insieme da ponti disolfuro (cioè di due molecole di zolfo) per sintetizzare i quali è necessaria la conversione dell’aminoacido cistina, di origine alimentare, nella sua forma solforata, cisteina; per questa reazione di ossidoriduzione è necessaria appunto la vit. C.

La quantità quotidiana necessaria di vit. C è circa 75-9O milligrammi e l’organismo ne possiede una piccola riserva (1,5-3,5 grammi). L’assorbimento, come per le altre vitamine idrosolubili, avviene per via intestinale. L’escrezione è quasi esclusivamente urinaria (1-2% con feci e sudore).
Fonti principali di vit. C sono la verdura, la frutta ma anche le frattaglie (fegato e reni); insignificante invece l’apporto del latte (quello destinato ai lattanti è obbligatoriamente arricchito di vitamina C in ragione di 50-100 milligrammi/litro) e della carne.
La conservazione della verdura, anche in frigo, e la cottura, riducono drasticamente il contenuto della vitamina.
L’espressione clinica conclamata di deficit di vitamina C è rappresentata dallo “scorbùto” (edema emorragico delle gengive, caduta dei denti, tumefazione e dolore delle articolazioni, astenia, anoressia, profonde alterazioni degli annessi cutanei e decadimento delle condizioni generali fino alla morte), malattia che ha ormai quasi solo interesse storico.
Quadri di ipovitaminosi meno grave sono tuttavia più frequenti di quanto comunemente si pensa e si manifestano clinicamente con astenia, dimagrimento, cefalea, dolori ossei, ridotta resistenza alle infezioni, edemi malleolari, porpora, emorragie nasali e gengivali. Il laboratorio mostra un quadro di anemia a tipo sideropenico. Vi può essere anche un quadro di telogen effluvio cronico dovuto sia alla carenza delle attività proprie della vitamina che al ridotto assorbimento intestinale in metalli essenziali. Anche alla sospensione dell’assunzione di vitamina C, se non avviene in modo graduale, ad esempio negli individui che, seppure sani, ne assumono continue supplementazioni, possono manifestarsi sintomi a tipo carenziale.
Non esiste, in pratica, ipervitaminosi C in quanto se l’assunzione satura le capacità ricettive dei tessuti (circa 3 grammi/die), la vitamina in eccesso viene eliminata immodificata con le urine.

 

Acido lipoico (acido tioctico)
Di recente scoperta, è un cofattore (coenzima) necessario, nell’uomo, al corretto funzionamento degli enzimi deidrogenasi (indispensabili ad esempio per la sintesi ed il catabolismo della glicina, per la sintesi delle prostaglandine) e per l’ingresso dei glucidi nel ciclo di Krebs (per la sintesi di energia).

 

 

Può essere sintetizzato dall’organismo (soprattutto dal fegato, dai reni e dalla milza) con una serie di reazioni poco conosciute e non si tratta quindi di una vitamina in senso stretto ma l’apporto con gli alimenti (animali e vegetali) è comunque indispensabile per coprire il fabbisogno quotidiano. Anomalie funzionali del metabolismo dell’acido lipoico determinano acidosi lattica, aciduria e accumulo di aminoacidi ramificati (leucinòsi). L’acido lipoico non è attualmente disponibile come specialità commerciale.
Le vitamine sono quindi tutte necessarie, in qualche modo, al mantenimento della omeostasi cutanea e per una normale cheratogenesi. Rimane da sottolineare che l’omeostasi vitaminica dell’organismo ha bisogno di un orchestrato apporto di tutti questi elementi e che l’eccesso di una vitamina, somministrata sconsideratamente, può provocare una carenza relativa di un’altra vitamina che ha rapporti metabolici stretti con la prima.

 

vitamina F (acidi grassi essenziali)

Vengono chiamati anche vitamina F e sono costituenti essenziali di membrana. La loro carenza destabilizza il trasporto ionico attraverso la membrana stessa. Le fonti alimentari sono le stesse della vitamina A e, probabilmente, molti dei sintomi attribuiti a carenza di retinolo sono in gran parte attribuibili a carenza di acidi grassi essenziali. Sappiamo oggi che sono necessari per una corretta cheratinizzazione ma non si conosce quale sia il fabbisogno nell’uomo.
Una sindrome carenziale di acidi grassi è stata descritta in pazienti in alimentazione parenterale prolungata. Si presenta con eritema e desquamazione del cuoio capelluto e delle sopracciglia, poi i peli ed i capelli cadono e, quelli che rimangono, sono depigmentati, secchi e presentano alterazioni strutturali. Il riscontro nel siero di un alto livello di acido cicosatrianoico a bassa concentrazione di acido arachidonico avallerà il sospetto diagnostico. L’applicazione topica di olio di zafferano, che contiene oltre il 65% di acido linoleico, fa rapidamente regredire le alterazioni cutanee.