Dieta e Capelli -Parte 4-
dott Andrea Marliani
Firenze
I minerali sono l’ultimo grande costituente dell’alimentazione che dobbiamo ora prendere in considerazione. Esplicano funzioni importantissime senza le quali nessuna vita sarebbe possibile. Infatti i metallo-enzimi perdono completamente le loro capacità reattive se privati dell’atomo di metallo a cui sono legati.
Anche se è ancora poco noto il ruolo specifico svolto da tutti gli oligoelementi, riteniamo che vi siano decise correlazioni tra qualità e quantità di minerali ed elementi traccia con lo stato di salute dei capelli.
Ferro
Il ferro, peso atomico 55.8, è presente nel corpo umano nella quantità di 4-5 gr, tre quarti dei quali utilizzati per la formazione di emoglobina, metallo-proteina essenziale per il trasporto dell’ossigeno ai tessuti. Viene introdotto nell’organismo con gli alimenti sia animali che vegetali e la vitamina C, come abbiamo già visto, ne favorisce l’assorbimento.
Il ferro è presente nella composizione chimica del capello ed è ovviamente necessario alla vita del cheratinocita perché, in carenza di ossigeno, la catena respiratoria mitocondriale rallenta e conseguentemente diminuisce la produzione di energia, sotto forma di ATP, necessaria alle sintesi proteiche.
E’ ormai diventato un classico somministrare ferro a chi perde i capelli ed in effetti vi è concordanza nel ritenere che la carenza di ferro, anche in assenza di anemia, possa essere causa di defluvio generalizzato in telogen. Comunque l’iposideremia è una condizione molto comune ed è quindi facile la sua associazione, più o meno fortuita, con un defluvio. Se comunque viene scoperta una deficienza di ferro in chi perde i capelli, questa deve essere trattata. Inoltre è importante ricordare che una deficienza di ferro (iposideremia) è spesso spia della carenza di altri metallo-ioni come zinco e magnesio.
Il ferro, oltre ad essere un componente essenziale della emoglobina, è costituente di molti metallo-enzimi e fra questi ricordiamo:
la catalasi che ci protegge dal perossido di idrogeno (H202);
le aldeidossidasi, necessarie alla ossidazione aerobica dei carboidrati;
i citocromi, necessari al trasferimento degli elettroni nella già ricordata catena respiratoria.
La sideremia normale oscilla fra 0,6 e 1,5 mg/ml di siero, ma è suscettibile di variazioni fisiologiche in rapporto a svariate condizioni: età, sesso, gravidanza, lavoro muscolare etc. Il fabbisogno giornaliero di ferro si aggira sui 18-2O mg.
metabolismo del ferro
Il ferro ingerito con l’alimentazione, soprattutto come composti di eme e sali organici, sottoposto all’azione dell’acido cloridrico nello stomaco (pH 1,5) sono scissi a formare ioni ferrici. Gli ioni ferrici reagiscono con gli agenti riducenti e con la gastroferrina. Solo il ferro legato con la gastroferrina può andare incontro ad assorbimento che si ha soprattutto nel duodeno e nella porzione prossimale del digiuno.
La maggior parte di questo ferro si deposita come ferritina soprattutto nel fegato (ma rilevabile anche nel plasma) o viene utilizzato dai mitocondri per le sintesi enzimatiche. Il rimanente viene trasferito al plasma dove si lega strettamente, nello stato ferrico, alla beta1 globulina transferrina.
Il ferro lascia il plasma soprattutto entrando nella serie eritroide, da cui c’è un considerevole feed-back di nel plasma, soprattutto attraverso le cellule reticoloendoteliali Nelle cellule eritroidi in via di sviluppo del midollo osseo, gli ioni ferrosi si combinano con la protoporfirina a formare l’eme.
Il 18% circa del ferro che esce ed entra nel plasma è in equilibrio con la transferrina dei liquidi extracellulari, la formazione e la scissione della mioglobina e degli enzimi eme, l’assorbimento del ferro ed i depositi di ferritina.
Il ferro viene eliminato o perso attraverso il normale ricambio dell’emoglobina con l’urina, col sudore, con la desquamazione cutanea, con le feci quanto non assorbito e quanto deriva dalle piccole continue ed inapparenti emorragie del tratto gastroenterico, con le mestruazioni.
Iperdosaggio
Una tossicità acuta marziale è la seconda causa di avvelenamento nei bambini ed è spesso dovuta ad eccessiva somministrazione di supplementi a base di ferro da parte dei familiari.
Il sovraccarico marziale determina:
-emosiderosi, caratterizzata da un aumento tissutale generalizzato di ferro senza alterazioni di tipo fibrotico,
-emocromatosi, in cui a livello del fegato, milza e pancreas si determinano alterazioni fibrose.
Queste patologie sono secondarie a malattie emolitiche, patologie epatiche, pluritrasfusioni o ingestione di quantità eccessive di ferro per periodi prolungati.
Zinco
L’organismo umano contiene circa 1-2,5 mg di zinco presente soprattutto nelle ossa, nei denti, nella pelle, nel fegato, nei muscoli e nei capelli (che possono anche essere usati per valutare con “mineralogramma” lo “status” generale dello zinco)
La maggior parte delle proteine include delle regioni con struttura secondaria (e le fibroproteine lo sono integralmente) che avvolgendosi, danno luogo alla configurazione tridimensionale globale della proteina.
La struttura secondaria più comune è l’alfa-elica (in cui lo scheletro della proteina si avvolge a formare l’elica caratteristica) e il filamento beta (in cui l’impalcatura di sostegno è completamente distesa); i residui di istidina e cisteina vengono uniti da un atomo di zinco, che serve essenzialmente a fissare assieme il filamento beta e l’elica.
Lo zinco, peso atomico 65, è indispensabile per la crescita corporea, per i processi riparativi dei tessuti, è importante per una normale risposta immunitaria, interviene come cofattore anche nella sintesi dei collagene, agisce come cofattore in oltre settanta reazioni enzimatiche conosciute ed è presente nella molecola di circa cento metalloenzimi.
Il fabbisogno giornaliero è stimato in 10-15 mg per l’adulto, 20 mg per le gestanti, 30 mg per le nutrici.
La carenza di zinco provoca disturbi gravi in tutti gli organismi viventi. L’uomo soddisfa il suo fabbisogno, di circa 15 mg al giorno, attraverso una alimentazione variata.
Lo zinco è contenuto nella carne, nel pesce, nei cereali e nei legumi. L’assorbimento dello zinco si attua a livello duodenale ed intestinale con meccanismo attivo, ad opera di una proteina trasportatrice che lo veicola attraverso la parete intestinale.
La carenza grave del metallo o della proteina carrier intestinale determina l’acrodermatite enteropatica, malattia che realizza in natura il quadro della carenza cronica di zinco con diarrea costante ed abbondante con steatorrea e manifestazioni tipiche cutanee distali e periorifiziali vescicolobollose o crostose impetiginizzate, perdita totale dei capelli, delle ciglia e sopracciglia, lesioni ungueali, perionissi, grave ritardo staturo-ponderale. Questa rara alterazione ereditaria, autosomica recessiva, spesso si manifesta nel bambino allo svezzamento e risponde rapidamente alla somministrazione orale di solfato di zinco, 50-200 mg al giorno, con remissione della diarrea, rapida ricrescita dei capelli e delle ciglia e sopracciglia.
Nell’adulto un quadro simile si può vedere solo in paziente alimentato da mesi solo per via parenterale.
Pare comunque giustificato somministrare supplementazioni di zinco a chi perde capelli per defluvio androgenetico, infatti una buona zinchemia inibirebbe una eccessiva 5 alfa riduzione periferica. Se si somministra zinco a scopo tricologico occorre fare attenzione all’assorbimento intestinale del rame che, per competizione sullo stesso carrier intestinale, può venire gravemente ridotto da una eccessiva somministrazione di zinco.
In alcune zone dell’Egitto e dell’Iran dove la dieta carente di zinco comporta alterazioni della crescita e dello sviluppo sessuale, non pare vi siano comunque evidenti alterazioni dei capelli e dei peli nella popolazione.
In base a parecchi studi fatti in USA, in Europa ed in Canada si è visto che una non piccola percentuale di bambini al di sopra dei 4 anni ha un basso livello di zinco, associato con scarso appetito, ridotto accrescimento ed alterazioni del gusto (ipogeusia). Pare proprio che la frequenza della ipozinchemia sia frequente e pressoché diffusa come la carenza di ferro. Potrebbe essere responsabile di tale deficit un alto consumo di latte che è un alimento carente di zinco. Comunque sia, nella maggior parte dei casi la carenza di zinco è moderata e causata da apporto insufficiente, più raramente è secondaria a patologie da malassorbimento.
Con un trattamento a base di solfato di zinco l’appetito migliora, il gusto torna normale e si raggiunge un normale accrescimento.
Lo zinco è un inibitore delle lipasi dei batteri e dei lieviti, saprofiti della cute umana, (particolarmente evidente risulta la sua capacità inibente sulle lipasi del propinebacterium).
Somministreremo quindi, a scopo profilattico, solfato di zinco a dosaggi fisiologici, circa 2O mg al giorno.
Un apporto superiore sarà riservato solo a pazienti in cui sia accertato un basso livello plasmatico del metallo.
Ricordiamo che alcuni farmaci possono provocare un deficit di zinco determinando una soppressione dell’assorbimento, aumentandone l’escrezione o interferendo con nutrienti ad azione sinergica come la vitamina B6 ed il magnesio. questi farmaci sono:
-etambutolo ed isoniazide
-anti MAO
-corticosteroidi
-diuretici tiazidici
La zinchemia normale è di 0,7-1,5 mg/l di siero.
Rame
Il rame, peso molecolare 63, è necessario come cofattore del ferro nella formazione della emoglobina e per l’attività di enzimi come la citocromo C ossidasi e soprattutto la superossidodesmutasi (CuZnSOD) che proteggono l’organismo dai radicali liberi.
2 (O2* + 2H+ —-SOD—–> H20) + O2
O2 = radicale superossido
Per quanto riguarda i capelli sappiamo che il rame è indispensabile per catalizzare la conversione della tirosina a diidrossifenilalanina (DOPA), ad opera della tirosina-idrossilasi, durante il processo di formazione delle melanine. Il rame inoltre, ha notevole importanza per i processi di cheratinizzazione, catalizzando l’ossidazione della cisteina a cistina con formazione di ponti disolfuro.
Anche la catena respiratoria mitocondriale, mediante la quale l’energia degli alimenti è utilizzata per produrre ATP, dipende dal rame.
Nell’uomo adulto il fabbisogno di rame è di circa 4 mg al giorno e viene soddisfatto soprattutto con carne e legumi. L’assorbimento avviene sia a livello dello stomaco che dell’intestino e viene ridotto da un elevato apporto di zinco che compete per la stessa proteina di trasporto endoluminale ed è in grado di per indurre la produzione di “tioneurina” che lega il rame intestinale in modo preferenziale rendendone difficoltoso l’assorbimento.
La carenza di rame è rara e si manifesta come stato di anemia, lieve o grave, specialmente in bambini la cui dieta è costituita essenzialmente da latte vaccino. Può coesistere diarrea cronica. Nell’adulto carenza di rame è stata osservata in soggetti lungamente sottoposti a nutrizione parenterale o in soggetti trattati con forti dosi di sali di zinco.
La malattia di Menke realizza il quadro della carenza cronica di rame. I bambini colpiti hanno bassi livelli di rame e di ceruloplasmina che portano a progressiva degenerazione cerebrale, ritardo dell’accrescimento, facies caratteristica, alterazioni arteriose e alterazioni ossee simil-scorbutiche. I capelli sono radi, sottili, fragili, con tricorressi fino alla ipotrichia ed alla alopecia. La malattia, che viene ereditata tramite il cromosoma X, permette una sopravvivenza di soli 1-2 anni, Il rame somministrato precocemente endovena ha migliorato tale condizione ma non si conosce una terapia veramente efficace.
Anche per il rame occorre molta prudenza nella somministrazione prolungata di dosi soprafisiologiche. L’avvelenamento cronico, che pare sia frequente negli Stati Uniti ma rarissimo in Italia, è stato descritto in lavoratori industriali e molto si discute circa la potenziale tossicità degli alimenti cotti in recipienti di rame. La sintomatologia è a carico dell’apparato digerente. La somministrazione di rame, sotto forma di solfato di rame, andrebbe fatta solo dopo dimostrazione di una carenza plasmatica. La cupremia nell’adulto è di 0,8-1,5 mg/l, mediamente superiore nella donna rispetto all’uomo. Nei casi di deficit accertato di rame è indicata la somministrazione di 0,05 mg/Kg di metallo, come solfato, al dì.
Magnesio
Il magnesio, peso atomico 24.312, esplica un ruolo fondamentale in un gran numero di funzioni cellulari. Fra i cationi intracellulari è secondo per quantità solo al potassio.
Un gran numero di reazioni enzimatiche dipendono o sono attivate dal magnesio ma quelle che più ci interessano per i capelli sono catalizzate dalla adenilciclasi e dall’esochinasi. Non ci risulta che in carenza cronica di magnesio vi siano vistose alterazioni dell’apparato pilifero nell’uomo ma se questa viene accertata in chi perde i capelli deve essere trattata. Ciò risulta evidente se solo si pensa ai ruoli fondamentali dei due enzimi che abbiamo sopra citato.
La concentrazione normale del magnesio nel siero è compresa fra 1,4 e 2,3 mEq/l. La quantità necessaria giornaliera è relativamente alta, dell’ordine di 320 mg nell’uomo adulto. Si trova come alimento in quasi tutti i tessuti animali e vegetali.
Selenio
Il selenio, peso atomico 58.9, è stato preso in considerazione negli ultimi anni per la sua funzione intracellulare antiossidante. E’ infatti un componenente della glutatione perossidasi (GSH-Px), un enzima che riduce il perossido di idrogeno e gli idroperossidi organici e che agisce quindi come potente antiossidante.
ROOH + 2GSH —-GSH-Px—->ROH + H2O + GSSG
La carenza di selenio è stata dimostrata essere causa di cardiomiopatia. Gli individui mantenuti per lunghi periodi in nutrizione parenterale completa sono a rischio di deficit di selenio.
La correlazione fra bassi livelli di selenio ed aumentato rischio di neoplasie è stata ipotizzata per il riscontro di una aumentata frequenza di tumori nelle zone con basse concentrazioni dell’oligoelemento negli alimenti.
Il fabbisogno giornaliero per un adulto si aggira intorno a 70 mg. Le fonti principali di selenio sono carne e pesce.
Non si conosce una sindrome da iperassunzione.
CONCLUSIONI
Vi sono dati sufficienti per ammettere una correlazione diretta fra stato nutrizionale e stato dei capelli.
Gli aminoacidi sono sicuramente necessari al trofismo del capillizio ed in particolare la cistina, forse la cisteina, la istidina, la glicina, la tirosina.
Un apporto bilanciato di tutte le vitamine dovrà essere ricercato e, se occorre, ottenuto farmacologicamente.
Gli oligoelementi saranno somministrati solo in caso di carenza accertata.
Una valutazione razionale del paziente affetto da caduta di capelli non potrà non prescindere dalla osservazione del suo stato di nutrizione. Dovrà essere raccolta un’anamnesi dettagliata sulle abitudini alimentari, sullo stato dell’alvo, su variazioni di peso. Indicativo, in alcuni casi, potrà essere un eventuale esame microscopico del capello.
I nutrienti azotati e vitaminici consigliabili su piano generale sono: gelatina di collagene nella dose di 2-8 gr al giorno, da assumere ai pasti per almeno 3 mesi, cistina nella dose di 0,5-2 gr al giorno, da assumere anch’essa ai pasti, un preparato multivitaminico completo da assumere regolarmente con gli aminoacidi evitando però sempre di somministrare vitamine liposolubili a dosi soprafisiologiche senza accertata carenza.
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ALOPECIE IN ENDOCRINOPATIE