Omologare
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Omologare

Andrea Marliani e Guido Vito Trotter
“omologare”
 

Non si può proprio dire che l’essere umano non capisca nulla (notare il delizioso bisticcio creato dalla doppia negazione) è sufficiente dare un’occhiata all’ambiente che ci circonda per concludere che di sicuro, all’uomo qualcosa è dato capire.
Comunque vi sono delle capacità, nelle quali noi “scimmie nude” siamo veramente imbattibili:
(1) la produzione di modelli, (2) l’astrazione e (3) la creazione.
1) -> Costruiamo modelli tutte le volte che tentiamo una descrizione del reale: ad esempio vi è stato un periodo in cui la terra era tonda, poi un altro e successivo in cui era piatta, ora ancora è ritornata tonda. Questo modo di procedere, proprio perché capiamo poco, fa nascere problemi non piccoli in quanto i “partigiani” di una lettura della realtà sono convinti di avere in tasca tutta la “Verità” e da questa verità fanno discendere tutta una serie di valutazioni di tipo logico che portano a considerare illogico l’insieme dei ragionamenti altrui.
2) -> Facciamo astrazione quando, con il pensiero, andiamo a lavorare sui modelli in se stessi svincolandoli dalla realtà, ad esempio dopo aver descritto tanti tipi di cane si tenta di astrarne l’idea (il concetto platonico).
3) -> Creiamo allorquando, con la mente, “produciamo nel Mondo dei Modelli” (che è poi anche il “Mondo dei Concetti”) un modello (o concetto) nuovo, cioè che prima non c’era, non esisteva. Ora proprio perché capiamo poco spesso capiamo ancora meno su ciò che creiamo: un esempio tipico e stato il Laser del quale subito dopo che venne pensato e realizzato come “raggio di luce coerente” ci domandammo: “ed ora che ne facciamo?”, “a che diavolo servirà?”.

Il produrre modelli porta anche a scegliere comportamenti a loro coerenti, giustificanti e giustificati con simboli facilmente leggibili o decodificabili.
L’essere umano è formidabile nel produrre tautologie cioè ad usare ed abusare dei simboli e nel creare strutture di ordine (l’ordine è altra cosa dalla giustizia, tant’è il proverbio: l’ordine è sinonimo di giustizia se le cose vanno bene, è sinonimo di arroganza se le cose vanno male).

 

 

 Le S.S. naziste in visita al campo di Auschwitz dove all’ingresso campeggiava la scritta “ARBEIT MACHT FREI” (il lavoro rende liberi) si presentavano con gli stivali lucidi, le uniformi impeccabili ed il motto “Gott mit uns” (Dio è con noi) scritto sul cinturone.

E’ chiaro l’uso dei simboli per dire ai poveracci racchiusi là dentro: “noi siamo Superuomini, voi siete una sottospecie”.
Alla fine della seconda guerra mondiale, quando le truppe sovietiche entrarono in quel campo trovarono, oltre a migliaia di quei derelitti ancora in vita, anche 293 sacchi di capelli umani, del peso totale di circa sette tonnellate, destinati alle fabbriche di calzini per gli equipaggi dei sottomarini nazisti (non a caso per il simbolismo del mettere sotto i piedi la testa degli inferiori) .
Calcolando che una capigliatura media pesa 45 grammi, fu facile dedurre che in quei sacchi c’erano i capelli di 140.000 persone, i cui cadaveri erano stati cremati.
Quei 140.000 esseri umani, per la maggior parte ebrei, avevano lasciato, con i loro capelli, una traccia ineluttabile del loro passaggio ed è indicativo che quegli stessi capelli che i nazisti avevano rasato, trasformato e confezionato siano poi serviti a provare la loro colpevolezza.
I nazisti non rasavano i capelli ai prigionieri soltanto per farne calzini ma perché erano ben consapevoli di come un essere umano con la sua capigliatura possa esprimere personalità, risvegliare ricordi, sfidare le autorità, esercitare potere!
Prima di essere condotti nel lager ognuno di loro al mattino si svegliava e si pettinava ed ognuno in modo diverso ed adeguato ad affrontare la vita quotidiana. I loro capelli esprimevano visivamente una realtà complessa e variegata. Le vittime di Auschwitz erano state madri, padri, amici, figli, medici, insegnanti, architetti, avvocati etc, ognuno di loro con un proprio ruolo e con una precipua identità.
I nazisti, tagliando loro i capelli, vollero cancellare di colpo quella realtà e creare un’altra: quella di anonimi prigionieri, condannati in massa ai lavori forzati od a una morte istantanea.
I capelli, che giacciano inerti dentro ad un sacco o che crescano rigogliosi sulla testa, hanno un potere carismatico, di identità, di denunzia, di comunicazione impossibile da cancellare. I capelli rivelano la tua religione, le tue preferenze, le tue idee; possono far conoscere la droga che hai preso, far capire se hai avuto una giornataccia, se ti sei appena sposato o se hai deciso di cambiare qualcosa nella tua vita.
Nel caso dei prigionieri di Auschwitz, l’analisi chimica dei loro capelli ha permesso di stabilire che venivano uccisi con le esalazioni venefiche dello zyklon B.
Oggi per tentare di tenere sotto controllo il potere dei capelli, si investono somme enormi (intorno ai 18 miliardi di dollari all’anno soltanto negli Stati Uniti).
Si trascorrono ore davanti allo specchio a pettinarli, arricciarli, strapparli, tingerli, lisciarli, laccarli, tagliarli o trasformarli in qualche modo.
Il risultato di questi sforzi è un poliedrico linguaggio di comunicazione visiva che si pone fra il cosciente ed il subcosciente ed è parte fondamentale del linguaggio del corpo.
Tutti i popoli della Terra, in ogni epoca, hanno elaborato un complesso codice di pettinature diverse per esprimere ogni tappa della vita, per comunicare il loro ruolo, il loro stato sociale e la loro identità culturale.
Così, come già abbiamo avuto modo di rilevare, per i monaci orientali il cranio rasato è simbolo di castità. I sacerdoti Ho delle tribù della Africa occidentale concepiscono i capelli come sede del Dio. I Masai posseggono la magia di “far pioggia” solo finché non tagliano barba e capelli. I giornalisti televisivi di tutto il mondo si sono resi conto che con una pettinatura anonima acquistano credibilità.
I capelli sono un mezzo d’espressione ineludibile e, sapendo leggere, rivelano persino ciò che talvolta vorremmo nascondere come l’età (se sono scuri o bianchi), l’etnia a cui apparteniamo (se sono crespi o lisci, scuri o chiari), il credo politico, il grado di istruzione.
Un taglio od una acconciatura sbagliata può, per qualcuno, trasformarsi in una tragedia e questo è oggi riconosciuto anche dalla Legge sicché, in molti paesi, un parrucchiere che sbaglia può essere denunciato per negligenza ed incapacità professionale: negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Giappone è ormai sovente per loro doversi presentarsi in tribunale a rispondere del “danno psicologico” causato ad un cliente.
Se i capelli sono un vero e proprio linguaggio, capace di esprimere un’infinità di significati, come la ribellione politica, la devozione religiosa o semplicemente la mancanza di bravi parrucchieri, allora l’esserne privi (o perderne il controllo) è come diventare muti.
Durante la seconda guerra mondiale i nazisti costrinsero i loro prigionieri al silenzio.
Oggi gli eserciti di tutto il mondo inquadrano le reclute rasando loro la testa; le autorità politico-religiose iraniane controllano la sessualità femminile obbligando le donne a portare il chador; le scuole giapponesi impongono la disciplina attraverso il marugari, un anonimo taglio a spazzola e le forze dell’ordine “marchiano” i delinquenti rapandoli a zero (la polizia malese ha adottato una versione “locale” di questa antica punizione, rasando le sopracciglia agli immigrati clandestini per renderli immediatamente riconoscibili e impedire loro di trovare un lavoro).
Se hai la fortuna di avere i capelli e di poterli gestire liberamente, allora vogliamo incitarti a usarli.

 

 

I capelli sono un patrimonio visivo che riflette la diversità della natura umana: ogni volta che una popolo ed una cultura scompare, se ne vanno anche delle magnifiche acconciature e ogni volta che il telegiornale arriva in un’altra città, si porta dietro le stesse anonime pettinature (tipo marugari).
Man mano che la pluralità delle culture locali si trasforma in un’unica grande cultura (e in un unico grande mercato del lavoro), i tuoi capelli sono minacciati da un pericolo ben più grave della forfora o delle doppie punte: la spinta all’omologazione.
Con il taglio giusto puoi affermare le tue radici, il tuo sesso, pubblicizzare la tua religione, sfidare i professori, farti nuovi amici, provocare uno scandalo, farti licenziare, trovare l’anima gemella, opporti alle consuetudini sociali o, semplicemente, far pubblicare la tua foto sul Giornale Italiano di Tricologia.
Mandaci una foto dei tuoi capelli.