Enzimi e Metabolismo degli Androgeni
Dott. Giuseppe Ciampalini
GLI ENZIMI
Gli enzimi sono catalizzatori biologici. Biologici sia perché sono proteine sia perché esplicano la loro azione catalitica su substrati biologici.
In chimica si dà il nome di catalizzatore a una sostanza in grado di accelerare una reazione chimica che altrimenti decorrerebbe più lentamente senza venir trasformata durante la reazione.
Considerando una reazione chimica generale nella quale un reagente R si trasforma nel prodotto P con l’intervento del catalizzatore E, dovremmo scrivere (con la scrittura chimica convenzionale):
R + E -> P + E
E’da notare che il catalizzatore potrebbe essere omesso in quanto si trova sia tra i reagenti che tra i prodotti. E infatti, da un punto di vista termodinamico, la presenza o meno del catalizzatore non è assolutamente rilevante.
La termodinamica, nome che evoca ricordi di una materia complicatissima, non è altro che una branca, della chimica-fisica in grado di dirci se una reazione chimica può spontaneamente avvenire.
Una reazione chimica avviene spontaneamente, è cioè termodinamicamente favorita, se porta ad un prodotto che ha energia minore del reagente.
Quindi se il nostro prodotto P, ha energia minore del reagente R, la quale situazione può venire espressa con il seguente grafico:
Ogni reazione spontanea ha però bisogno di un quantitativo energetico iniziale (energia di attivazione) che serve per innescare la reazione, si tratta di un gap energetico che deve essere superato dopo di che la reazione procede liberamente verso il prodotto termodinamicamente favorito. L’andamento grafico più confacente con la realtà sarà dunque:
L’energia di attivazione è necessaria per effettuare una variazione nel reagente, tale cambiamento può essere strutturale o solo conformazionale (ad esempio la rotazione di un legame lungo un’asse) e si ottiene il così detto complesso attivato R*.
La dimensione dell’energia di attivazione governa la cinetica della reazione. Se l’energia di attivazione di un processo spontaneo è bassa la trasformazione dei reagenti nei prodotti sarà veloce, se è elevata la reazione sarà lenta. Con un’energia di attivazione estremamente grande la reazione, anche se termodinamicamente favorita è di fatto cineticamente impedita.
DE alto -> REAZIONE LENTA
DE elevatissimo -> REAZIONE
CINETICAMENTE IMPEDITA
Come preannunciato un catalizzatore è una molecola che fa aumentare la velocità di una reazione, quindi riesce ad abbassare l’energia di attivazione. Ottiene ciò legandosi al reagente in un complesso attivato o più complessi attivati in successione che necessitano di una energia di attivazione molto minore rispetto al complesso attivato del reagente da solo. Al momento che il reagente si è trasformato in prodotto si rompe il legame ed il catalizzatore è libero di catalizzare una nuova reazione.
R -> R* -> P
DE normale
R+E -> RE*’ -> RE*” -> P+E
DE catalitico notevolmente abbassato
L’enzima, essendo un catalizzatore biologico fa esattamente la stessa cosa, si lega al reagente, che è una molecola organica con funzioni biologiche, detta substrato, abbassando così l’energia di attivazione della sua conversione in un’altra molecola biologica, il prodotto, generato il quale il legame con l’enzima si rompe immediatamente e l’enzima, alla fine è libero di ricominciare a catalizzare.
DE enzimatico basso
Gli enzimi dunque aumentano la velocità di reazione e in modo assai rilevante rispettando l’equilibrio chimico, non possono far avvenire reazioni termodinamicamente impossibili e non vengono mai consumati nel corso della reazione.
Rispetto ad un qualsiasi catalizzatore chimico gli enzimi, hanno però delle particolarità: un’elevata specificità di substrato cioè la capacità di azione su un solo composto (o pochi strutturalmente simili) anche se sono presenti numerosi altri composti e operano negli organismi viventi, quindi in soluzioni acquose e in condizioni di temperatura e pH moderate. In condizioni diverse gli enzimi, come tutte le proteine subiscono denaturazione.
MECCANISMI MOLECOLARI DELL’ALOPECIA ANDROGENETICA
Androgeni e androgenetica
Dei vari ormoni che hanno effetto sulla crescita del capello, i più studiati sono gli androgeni, particolarmente per quanto riguarda l’alopecia androgenetica. Aristotele per primo notò che per la calvizie erano necessari virilità e maturità sessuale, ma solo nel 1942 grazie alle osservazioni di Hamilton sugli uomini privati degli androgeni testicolari, è stato provato, senza dubbio, che gli androgeni , nella forma di testosterone o dei suoi metaboliti, erano prerequisiti per sviluppare la normale calvizie.
Metabolismo degli androgeni
Il percorso metabolico degli androgeni inizia con il pregnenolone, un substrato steroideo a 21 atomi di carbonio, che deriva dal colesterolo.
Il deidroepiandrosterone (DHEA) è uno steroide a 19 atomi di C con in C-17 un gruppo chetonico. I 17-chetosteroidi sono un gruppo di androgeni detti a bassa potenza, perchè hanno bassa affinità per il recettore androgeno.
Questi androgeni di bassa potenza, tuttavia, vengono, nel percorso metabolico, enzimaticamente convertiti ad androgeni con maggiore affinità per il recettore, come il testosterone.
Il testosterone è l’androgeno circolante in maggior quantità.
Solo una piccola frazione di androgeni esiste come steroide libero in circolazione, e c’è un equilibrio tra gli ormoni liberi e gli ormoni legati a proteine. La proteina che lega maggiormente gli androgeni (ormoni-sessuali) è la globulina SHBG. Normalmente, il 70 % del testosterone è legato alla SHBG, ed il 19% all’albumina. Il rimanente è in circolazione non legato.
Il metabolismo degli androgeni nel derma e nell’unità pilosebacea
Il derma e l’unità pilosebacea sono enzimaticamente equipaggiate per il metabolismo locale e la conversione degli steroidi sessuali (Kaufman, 1996).
Nella maggior parte degli organi target il testosterone può essere metabolizzato a di-idrotestosterone (DHT) per mezzo degli enzimi della 5± riduttasi. Il DHT è cinque volte più affine per il recettore androgeno del testosterone.
Recettori degli androgeni (AR)
Gli ormoni steroidei agiscono per diffusione attraverso la membrana plasmatica nelle cellule target e si legano a specifici recettori intracellulari. Il complesso ormone-recettore subisce una variazione conformazionale, esponendo i siti di legame del DNA e successivamente si lega a specifici elementi di risposta ormonale nel DNA, promuovendo così l’espressione dei geni regolati da ormoni specifici. Si pensa che il recettore androgeno sia il responsabile per l’aumentata sensibilità delle cellule target agli androgeni dato che individui che mancano della funzionalità dell’AR non mostrano calvizie (Quigley, 1998) e inoltre, il polimorfismo del gene AR è stato trovato essere associato con l’alopecia maschile (Ellis et al., 2001).
Riconversione degli androgeni più potenti
Una volta formati gli androgeni più potenti come il testosterone e il DHT, possono essere rimossi per riconversione al più debole androstenedione (17 chetosteroide) per mezzo degli enzimi 17<idrossisteroid deidrogenasi (17< HSD) e successivamente metabolizzati tramite percorso enzimatico, inclusa l’aromatasi, enzima che converte gli androgeni ad estrogeni, a estrone; il testosterone mediante l’aromatasi può passare ad estradiolo e successivamente mediante la 17<HSD passare ad estrone. (R. M.Trueb, 2002; T.Hibino and T. Nishiyama 2004; Latrie et al., 2005). L’estrone successivamente può essere glucoronato per facilitarne l’eliminazione dalla circolazione.
Alla fine del percorso metabolico si ottiene l’ESTRONE, il metabolita termodinamicamente favorito e qualunque sia il cammino metabolico intrapreso si formano scorie le quali non sono state mai prese in considerazione.
Aromatasi e Acido Formico
La conversione degli androgeni in estrogeni per mezzo dell’Aromatasi coinvolge tre reazioni distinte che avvengono in un unico sito attivo (Akhtar et al.1997):
Durante il processo totale (1_4) ci si aspettava che il gruppo aldeidico si convertisse ad acido carbossilico prima della rottura del legame C10-C19, rilasciando CO2, invece il carbonio aldeidico in 3 è stato trovato alla fine del processo, espulso come ACIDO FORMICO.
L’acido formico da un punto di vista chimico è molto reattivo nei confronti dei polisaccaridi.